Incomprensioni nelle stanze della Loggia del Giglio.
Matteo da segnali di onnipotenza con i membri della Loggia del Giglio.
Ha lamentarsi, Marco Carrai. Al pari di Giorgio Gori, pare che Carrai si sia mosso un po’ troppo e poi Renzi ormai ha la diplomazia ufficiale a disposizione. Dai comitati d'affari ha solo da temere guai e imbarazzi.
Ma dopo il gelo del momento Matteo deve fare i conti con qualcosa di veramente serio come il debito pubblico, arrivato ormai a quota 2.168 miliardi di euro
Subito al piano studiato da Carrai, che propone ai piani alti un “asset morti” cioè un fondo patrimoniale dove fare confluire tutti i capitali cosi detti morti (che non producono reddito) per poi, immetterlo, nel mercato interno ed esterno coinvolgendo anche investitori esteri, fondo costituito da un solo vincolo, quello di detenere il 51% dello stesso.
Dello stesso parere Il sottosegretario Rughetti, che assieme a Marco hanno passato luglio e agosto tra le carte, non ancora terminati i lavori si intromette un altro sacerdote del Giglio, Bini Smaghi che si sta adoperando per prendere il posto di Padoan e stralcia tutto il lavoro estivo di Marco Carrai dicendo un secco no ai fondi patrimoniali.
Bini che fa la voce grossa con Matteo, è fa immediatamente smentire Palazzo Ghigi dalle voci circolate sui piani straordinari per abbattere il debito, pare che fa male alla BCE vecchio suo dicastero.
Di sicuro all'interno del “Giglio magico” del premier c'è una materia su cui si sta verificando un incredibile “tutti contro tutti”. E pensare che al centro del dibattito non c'è un argomento qualunque, ma l’annosa questione della riduzione del debito, ormai arrivato alla cifra record di 2.168 miliardi di euro. Va bene che l'estate è da sempre il momento migliore per i saggi sperimentali, ma il terreno su cui ci si muove è troppo scivoloso per non muoversi con cautela.
Ora anche Renzi smentisce, ribadendo come “non ci sia in corso alcuna trattativa, né segreta né pubblica, con l’Europa e nessun piano taglia debito. L’Italia farà la sua parte, come più volte ribadito dal premier, rispettando il vincolo del 3% senza aumentare la pressione fiscale”.
Una smentita di rito, ma la dice lunga sulla totale confusione di idee con la quale il “Giglio magico” sta affrontando il tema.
Bini Smaghi, lo dice con due colonne del Corriere della sera. (L’ex banchiere della Bce, fiorentino, rappresenta un profilo che da tempo viene citato per un possibile ingresso nel governo Renzi. Senza contare che la moglie, Veronica De Romanis, dovrebbe entrare a far parte di quel pool di esperti economici di cui il presidente del consiglio vuole avvalersi a palazzo Chigi. Insomma, tra Bini Smaghi e Renzi sembra esserci un feeling consolidato).
Infatti Bini mette le mani in faccia a Carrai e Rughetti, i quali, in buona sostanza, avevano proposto la costituzione di un veicolo con dentro beni immobiliari e mobiliari di Stato, le cui quote dovrebbero essere cedute a investitori vari e Bot people.
“Chi propone di creare un fondo garantito dal patrimonio pubblico per redimere il debito esistente”, ha scritto ieri Bini Smaghi, “non considera che in questo modo quello stesso debito esistente viene deprezzato rispetto al nuovo, facendo scattare gli stessi problemi nei confronti di chi lo detiene. Le operazioni di riacquisto del debito comportano peraltro il degrado immediato da parte delle agenzie di rating, producendo effetti a catena sugli emittenti pubblici e privati”.
L’assunto è che “con il solo avanzo primario non ne usciremo mai”. Peccato che proprio l’avanzo primario, ovvero la differenza tra entrate e uscite al netto della spesa per interessi sul debito, sia la ricetta di base rilanciata da Bini Smaghi, il quale sul punto ha scritto che “una riduzione del debito pubblico al 100% del pil non elimina comunque la necessità di raggiungere un surplus primario di bilancio (al netto dei tassi d’interesse), pari a circa il 4% (dal 2,6% previsto per quest’anno)”.
Carrai si dice offeso, nel fra tempo, sul tema il governo va in ordine sparso. Fino alla smentita di palazzo Chigi. In fin dei conti l’ennesimo pasticcio su un argomento a dir poco cruciale, per l’economia dei prossimi 20 anni.
Ruisi Francesco