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sabato 20 settembre 2014

CHE CASINI ! << MATTEO SI - MATTEO NO>>






Da questa sera il circolo Pd di Rignano sull’Arno non ha più il suo segretario. Tiziano Renzi, papà di Matteo, si è dimesso dopo l’avviso di garanzia ricevuto per bancarotta fraudolenta dalla Procura di Genova, che indaga su una sua vecchia società di distribuzione di giornali. Renzi senior ha mostrato grande fairpaly e ha anche detto: “Ringrazio la magistratura perché è un atto a mia tutela”.

L’avviso di garanzia è arrivato lunedì, ovvero il giorno prima del duro attacco alla magistratura sferrato da Renzi figlio in Parlamento, proprio sul tema degli avvisi di garanzia. Chissà se sapeva già del padre indagato. In ogni caso, la vicenda è destinata a pesare perché d’ora in poi ogni volta che il premier affronterà i magistrati ci saranno illazioni sui problemi giudiziari di suo padre. Da oggi, insomma, Renzie è un po’ meno libero.
Giustizia a parte, la Cammusso si incazza  ancora, oggi è stato il giorno del primo via libera alla legge delega sul lavoro da parte della commissione Lavoro del Senato. Tutti e otto i senatori del Pd hanno votato a favore, anche della norma che introduce il contratto a tutele crescenti e che di fatto apre la strada al superamento parziale dell’’articolo 18 sui licenziamenti per giusta causa.
Dunque  il Pd  resta diviso. L’ex segretario Pierluigi Bersani dice che sui giornali ha letto intenzioni attribuite al governo che gli paiono “surreali” e sfida Renzie a dire al più presto con chiarezza cosa intende mettere nel decreto sul lavoro. Mentre, Matteo, concede che i titoli del Jobs Act sono condivisibili, ma si aspetta ampie variazioni da discutere in direzione. Un primo via libera, al Jobs Act arriva nel frattempo dal Fondo monetario internazionale, che parla di “obiettivi condivisibili”.
 L’organismo di Washington ha però rivisto al ribasso le stime sull’Italia e ha toccato un altro nervo scoperto, notando che “ottenere risparmi significativi sarebbe difficile senza intervenire sulla grande spesa pensionistica”. Un taglio delle pensioni non è però all’ordine del giorno e il ministro Padoan ha già smentito più volte un intervento sugli assegni più ricchi. Sul fronte della Consulta, intanto, è andata a vuoto anche la tredicesima votazione delle Camere. I due candidati, Luciano Violante e Donato Bruno, non ce l’hanno fatta a raggiungere il quorum di 570 voti, nonostante l’inaspettato signorSi di Nichi Vendola. Non solo non è servito l’appello di ieri del presidente Napolitano, come quello di Renzie, che in mattinata aveva dichiarato: “Credo che il Parlamento oggi o nei prossimi giorni troverà una soluzione di livello”.nel frattempo Beppe Grillo ha definito il ticket Violante-Bruno “una minestra rancida”. Poi Silvio che tiene per le palle Matteo gli sussurra, la tenuta del Patto del Nazareno.
C'è anche chi trema, e sottobanco si sta organizzando  con un patto per assicurarne la sopravvivenza, i due Casini e Alfano praticamente hanno chiuso l'intesa, approfittando della debolezza altrui, in primis proprio quella del vicepremier e ministro dell'Interno. La settimana prossima nascerà infatti alla Camera dei Deputati un nuovo gruppo che avrà come capogruppo D'Alia.
L'accordo tra Pier Ferdinando e Angelino per far nascere Coalizione Popolare dall'Unione di Ncd e di Udc e' pressoché fatto.
In barba a Silvio e i suoi infiltrati in NCD a cominciare della De Girolamo Nunzia.

Stessa operazione al Senato, dove la firma farà un vero e proprio miracolo: negli accordi e' compresa anche la carica di capogruppo per Schifani Renato. Nelle prossime ore, e durante il week end, saranno definiti i dettagli (alcuni, come gli apporti economici, non sono esattamente dettagli) ma l'accordo politico è fatto. E anche Lupi Maurizio sta decidendo in queste ore il suo percorso personale. Con la proclamazione ufficiale a deputato europeo avvenuta oggi ha 30 giorni di tempo per decidere se dimettersi o restare a Strasburgo, in pratica per decidere cosa fare da grande, anche se di fatto anche lui la decisione l'ha già presa: resterà parlamentare europeo, allontanandosi dall'aria oggettivamente velenosa del Ministero delle Infrastrutture e sarà uno dei triunviri che guiderà il nuovo raggruppamento. Ma il tutto ha valenza politica se arriva Fitto Raffaele, il quale è sempre di più sbilanciato sul piede che è già fuori da Forza Italia insieme ad un nutrito gruppo di parlamentari, illudendosi di fare paura a Silvio, il quale non ha nessuna paura di un pischello come Fitto, sostenendo che le uniche paure le ha avute a Palermo e in tempi lontani.
Il pensiero di Renzi Matteo: o la maggioranza al Senato si allarga sensibilmente stabilizzando definitivamente governo e legislatura (così ci si può occupare senza problemi anche di giustizia), oppure premier e Pd non sono affatto interessati a queste operazioni che non aggiungono nulla, sono riposizionamenti. Con l'arrivo di Fitto invece, si toglierebbe ossigeno a Forza Italia e verrebbe costituito un gruppo politico forte di un centinaio di parlamentari che consentirebbe davvero a Renzi di  dettare  legge anche tra la minoranza interna.
Molti si chiedono quale sia la convenienza di Alfano Angelino a reinserire il genero di Caltariccone in un gioco politico comunque più ampio e qualcuno, come Rotondi Gianfranco, va giù piatto: “con Casini, dice l'ex ministro avellinese, Angelino rischia di fare la fine di Buttiglione Rocco, anche lui utilizzato e poi mollato da Casini qualche lustro fa".

Ma qualcuno che, almeno in fatto di risonanza di immagine, ci guadagna c'è, almeno in prospettiva: e' Carfagna Mara, la quale potrebbe essere la candidata premier del nuovo schieramento.
Non a caso, Berlusconi ai tempi in cui sulle donne ancora aveva autonomia di pensiero, della Carfagna disse, che se non era già sposato l'avrebbe sposata, e alla Boschi chiese cosa facesse, lei così carina, con i comunisti.


Renzi, a sua volta, non mira a rompere con Berlusconi. Tenta di mettergli paura per costringerlo a più miti consigli; però sa di averne bisogno per due ragioni. La prima: non desidera ritrovarsi a sua volta nelle mani di Calderoli, di Alfano o di  Casini. La seconda: senza la maggioranza dei due terzi in Parlamento, poi dovrebbe affrontare un referendum confermativo dall’esito incerto.

Chi per ora ne fa le spese è il dissidente Mineo. Il Pd ha scelto la linea dura e l’ha levato dalla Commissione delle riforme con la scusa che era lì a titolo provvisorio. La ragione vera è un’altra: Renzi vuole far vedere a Berlusconi che lui sa mettere in riga i suoi.















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