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mercoledì 20 agosto 2014

Tutti figli del Giglio. "pericolo futuro compromesso"




Incomprensioni nelle stanze della Loggia del Giglio.  


Matteo da segnali di onnipotenza con i membri della Loggia del Giglio.

Ha  lamentarsi, Marco Carrai.  Al pari di Giorgio Gori, pare che Carrai si sia mosso un po’ troppo e poi Renzi  ormai ha la diplomazia ufficiale a disposizione. Dai comitati d'affari  ha solo da temere guai e imbarazzi.
Ma  dopo il gelo del momento Matteo deve fare i conti con qualcosa di veramente serio  come  il debito pubblico, arrivato ormai a quota 2.168 miliardi di euro

Subito al piano  studiato da Carrai, che propone ai piani alti  un “asset morti” cioè un fondo patrimoniale  dove fare confluire tutti i capitali cosi detti morti (che non producono reddito)    per poi, immetterlo, nel mercato interno ed esterno coinvolgendo anche investitori esteri, fondo costituito da un solo vincolo, quello  di detenere   il 51% dello stesso.
Dello stesso parere  Il sottosegretario Rughetti, che assieme  a Marco  hanno passato  luglio e agosto tra le carte, non ancora terminati i lavori  si intromette un altro sacerdote del Giglio, Bini Smaghi   che si sta adoperando per prendere il posto di Padoan  e stralcia  tutto il lavoro estivo di Marco Carrai dicendo un secco no ai fondi patrimoniali.
Bini che fa la voce grossa con Matteo, è fa immediatamente  smentire Palazzo Ghigi  dalle voci circolate sui piani straordinari per abbattere il debito, pare che fa male alla BCE  vecchio suo dicastero.
Di sicuro all'interno del “Giglio magico” del premier c'è una materia  su cui si sta verificando un incredibile “tutti contro tutti”. E pensare che al centro del dibattito non c'è un argomento qualunque, ma l’annosa questione della riduzione del debito, ormai arrivato alla cifra record di 2.168 miliardi di euro. Va bene che l'estate è da sempre il momento migliore per i saggi sperimentali, ma il terreno su cui ci si muove è troppo scivoloso per non muoversi con cautela.
Ora anche Renzi  smentisce, ribadendo come “non ci sia in corso alcuna trattativa, né segreta né pubblica, con l’Europa e nessun piano taglia debito. L’Italia farà la sua parte, come più volte ribadito dal premier, rispettando il vincolo del 3% senza aumentare la pressione fiscale”.
Una smentita di rito, ma la dice lunga sulla totale confusione di idee con la quale il “Giglio magico” sta affrontando il tema.
Bini Smaghi, lo dice con due colonne del Corriere della sera. (L’ex banchiere della Bce, fiorentino, rappresenta un profilo che da tempo viene citato per un possibile ingresso nel governo Renzi. Senza contare che la moglie, Veronica De Romanis, dovrebbe entrare a far parte di quel pool di esperti economici di cui il presidente del consiglio vuole avvalersi a palazzo Chigi. Insomma, tra Bini Smaghi e Renzi sembra esserci un feeling consolidato).
 Infatti Bini mette le mani in faccia a Carrai  e  Rughetti, i quali, in buona sostanza, avevano proposto la costituzione di un veicolo con dentro beni immobiliari e mobiliari di Stato, le cui quote dovrebbero essere cedute a investitori vari e Bot people.

“Chi propone di creare un fondo garantito dal patrimonio pubblico per redimere il debito esistente”, ha scritto ieri Bini Smaghi, “non considera che in questo modo quello stesso debito esistente viene deprezzato rispetto al nuovo, facendo scattare gli stessi problemi nei confronti di chi lo detiene. Le operazioni di riacquisto del debito comportano peraltro il degrado immediato da parte delle agenzie di rating, producendo effetti a catena sugli emittenti pubblici e privati”.

L’assunto è che “con il solo avanzo primario non ne usciremo mai”. Peccato che proprio l’avanzo primario, ovvero la differenza tra entrate e uscite al netto della spesa per interessi sul debito, sia la ricetta di base rilanciata da Bini Smaghi, il quale sul punto ha scritto che “una riduzione del debito pubblico al 100% del pil non elimina comunque la necessità di raggiungere un surplus primario di bilancio (al netto dei tassi d’interesse), pari a circa il 4% (dal 2,6% previsto per quest’anno)”.
Carrai si dice offeso, nel fra tempo,  sul tema il governo va in ordine sparso. Fino alla smentita di palazzo Chigi. In fin dei conti l’ennesimo pasticcio su un argomento a dir poco cruciale, per l’economia dei prossimi 20 anni.
                                                                                                       Ruisi Francesco

mercoledì 23 luglio 2014

Santo Silvio della Patatà







I Giudici con l’assoluzione  Ruby hanno Proclamato Santo Silvio della Patatà. Con questa Santificazione Silvio mette tutti ko, lo stesso Renzi Matteo  si trova ad un bivio  o allarga la maggioranza facendo posto ai forzisti  o va tra le braccia  di Grillo, facendo godere alcuni dirigenti della vecchia guardia PD,  dove non  troverebbe solo le braccia di Nicki Vendola pronte ad accogliere il maschiaccio ma lo stesso Pippo Civati  che civetta con gli ambigui. i tre  si appattano  per bloccare le riforme, presentando quasi  diecimile emendanenti  spesso con significati da veri cazzari, chiedendo il voto segreto affinchè quelle mere e vergognose scritte privi di fignificati, vengano a danneggiare ancora di più la fase delicata che si sta  lavorando "LA COSTITUZIONE".   Con l’avvento di Santo Silvio, ad Alfano vanno strette le scarpe  e le poltrone, scomponendo i mercenari di NCD che pregano il Santo per accogliere i tanti lupi e i de girolamo  implorando il perdono.
Ecco perché Renzi non può non rispettare i patti con Silvio  che si dimostra  una vera spina nel fianco anche per Napolitano.
E Alfano,che scalpita come un ciuco promette legnate per tutti , grida a voce alta:  “NESSUN INCONTRO CON BERLUSCONI, NON SARÀ UN'ASSOLUZIONE AD UNIRCI”.
 Mentre Salvini pur di farsi vedere inizia a sclerare e quest’altro Grida: “DESTRA RAZZISTA E XENOFOBA, PREFERISCE RACCOGLIERE I MORTI PIUTTOSTO CHE SALVARE I VIVI”.

                                                                                                    Ruisi Francesco










venerdì 4 luglio 2014

PIOGGIA DI DIFFIDE ALLA DON RIZZO RICHIESTE VERIFICHE SULLA REGOLARITA' DEI CONTI CORRENTI







Sono diversi i correntisti della banca Don Rizzo che hanno scelto di controllare i conti correnti  e i rispettivi mutui ipotecari,  il sospetto che quei numeri non quadravano  potrebbe essere  assodato,  ma, mai si pensava che quei rapporti potevano essere  usurati, anche perché proprio la stessa banca promuove le verifiche dei conti correnti per appurarne la correttezza così che gli stessi non siano trattati da Anatocismo,commissioni di massimo scoperto,tassi usurai.
I correntisti in questione, incuriositi dalla promozionale offerta, che la banca Don Rizzo, offriva, ai correntisti della concorrenza, si sono rivolti ad una società del Nord Italia leader nel settore  di tali argomenti, infatti la società, dopo un attento esame  ha relazionato che tutti i conti sottoposti a controllo sono gravati da  incongruenze usuraie, così i  clienti hanno intimato all'indirizzo del Presidente  e  del Direttore Generale , una diffida, intimando la stessa Banca Don Rizzo a  ripristinare immediatamente  la legalità, ovviamente restituendo e normalizzando tutti i rapporti in essere, pare che il danno sia ingente, se la stessa Banca Don Rizzo non ottempererà ai motivi della diffida  i correntisti produrranno denuncia/querela presso la Procura della Repubblica di Trapani.
E' doveroso ricordare che diversi tribunali in Italia hanno emesso sentenze a favore dei correntisti, in molti casi bloccando anche le vendite effetti da pignoramento, condannando le banche ai risarcimenti, e perseguendo penalmente i responsabili,  spesso individuati nei Direttori Generali,Presidenti e Quadri responsabili delle banche incriminate.
Infatti, è prassi comune delle Banche seguire le direttive di Banca Italia, e non delle vigenti leggi, ora rafforzate in tutti i gradi di giudizio nei vari Tribunali.
Tra  i ribelli, c’è chi pensa, come in questo momento, Don Giuseppe Rizzo si stia rivoltando nella tomba, lui che ha lottato già  la fine del XIX e l'inizio del XX secolo  contro gli usurai.

I criteri di applicazioni che i Tribunali adottano, trovano sfondo nella legge 108 del 07 marzo 1996 dove il  Parlamento promulga una normativa per la rilevazione dell’ usura applicata dagli operatori finanziari modificando l’articolo 644 del Codice Penale.
“Si ha usura quando il corrispettivo di una prestazione in denaro consistente nella richiesta di interessi, spese e commissioni costituisce un costo totale finanziario estremamente esoso in relazione alla categoria della prestazione, all'entità della prestazione ed alle dinamiche finanziarie del mercato”.

Art. 1 comma 1, L. 108/96:
“per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del reddito.”
Pertanto quando il TAEG è superiore al tasso soglia (TEGM ) esiste usura.
Inoltre il comma 3 dell’art. 644 del Codice Penale: se il TAEG è superiore di una volta e mezza del TEGM gli interessi sono sempre considerati usurai, aggravando notevolmente la posizione dell’ Istituto di credito che li ha applicati.
Oltre alla reclusione da uno a sei anni ed una multa da  € 3.098,74 ad € 15.493,71, l’ art. 1 della Legge 108/96 recita: 
"Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà";
-se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare
-se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari
-se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno
-se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale
le azioni da intraprendere:
-La Denuncia Querela da presentare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale.
-La domanda di concessione di un mutuo decennale senza interessi ai sensi dell’art. 14 della Legge 108/96.
-La domanda di sospensione per trecento giorno dei termini previsti dall'articolo 20 della n. 44 del 23 febbraio 1999.
-La richiesta di comunicazione ex-art. 335 co. 3 c.p.p. in merito al procedimento penale da presentare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale.
-La richiesta di sospensione nei casi di vendite in effetti di pignoramento mobiliare/immobiliare.

Come la formula del TEG aggira la legge antiusura.

L’art. 644 c.p. sancisce che "per la determinazione del tasso di interesse usurario si deve tener conto delle commissioni, delle remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito". La formula corretta da utilizzare per tale verifica è quella del TAEG, così previsto dalla legge 108/96 e come riconfermato dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione Penale n. 12029/10 del 19/2/2010 . Per una corretta valutazione del problema, bisogna far riferimento a quanto disposto dal legislatore con la legge 108/96, nata per ridurre l’elevato costo degli interessi bancari che avevano raggiunto negli anni “90” tassi improponibili, con percentuali nominali di oltre il 25%. Per contenere tale fenomeno, il legislatore decise che doveva essere stabilito un tasso soglia oltre il quale le banche non potevano andare, tenuto conto di tutti i costi che il cliente doveva sostenere per l’utilizzo del credito. Vennero allora stabiliti dei criteri per la determinazione del tasso soglia, utilizzando come parametro il tasso medio applicato dai principali istituti bancari, aumentato del 50%, escludendo dal calcolo la cms. Tale decisione era determinata dal fatto che le banche applicavano le commissioni in maniera diversa, sia nella percentuale che nel metodo di calcolo (alcune le applicavano sugli utilizzi, altre sulle eccedenze di utilizzo, altre sulle somme non utilizzate e quasi esclusivamente sui conti correnti ordinari, mai sui conti anticipi). Si consentì alle banche di applicare dei tassi massimi pari al tasso medio rilevato dagli istituti di credito, maggiorato del 50%, per comprendere i maggiori oneri quali spese e commissioni che si pensava non potessero mai eccedere questa cospicua percentuale. A tal proposito, bisogna ricordare che l’Italia fu uno dei pochi paesi della comunità europea che stabilì il tasso soglia usurario maggiorando il tasso medio applicato dagli Istituti di Credito del 50% - gli altri paesi si basarono su percentuali più basse che non eccedevano il 30%. Dopo l’entrata in vigore della legge le Banche furono costrette ad allinearsi alle nuove norme. Ma sfruttando la disposizione che prevedeva che le CMS andassero rilevate a parte, perché escluse dal calcolo del TEG, travisando la legge e la volontà del legislatore, cominciarono ad innalzarle, facendo raggiungere alle stesse percentuali elevatissime, anche oltre il 3% trimestrale (contro una media dello 0,125% degli anni 90), calcolate sulla punta di massimo scoperto applicandole a tutti i conti, anche a quelli privi di affidamento e persino ai conti anticipi, che sino all'entrata in vigore della legge, per loro natura, non erano stati mai gravati da tali commissione. L’intento del legislatore era uno ed uno solo, contenere il costo del denaro, senza dare ad alcuno la possibilità di sforare i tassi soglia aggirando la disposizione di legge con spese e commissioni accessorie. La Banca d’Italia, indicò alle banche la formula TEG per verificare l'usurarietà delle condizioni applicate, che di finanziario non ha proprio nulla e che tra  l’altro è frutto della somma di due addendi non omogenei. INTERESSI x 36.500 ONERI x 100 TEG = -------------------------------------- + ------------------------ NUMERI DEBITORI ACCORDATO Il primo addendo della formula, tiene conto degli interessi pagati e del fattore tempo (quindi è una formula finanziaria). Il secondo addendo (formula non contemplata in alcun testo di matematica finanziaria), ricava un dato percentuale rapportando gli oneri sostenuti dal cliente al fido accordato, senza tenere conto del fattore tempo, che nelle formule finanziarie è un dato essenziale. Ma l’utilizzo della predetta formula per verificare l'usurarietà dei tassi ed il superamento del tasso soglia oltre che a non rispondere alla norma ed alla volontà del legislatore, produce dei risultati inattendibili.

                                                                                                  Ruisi Francesco

sabato 7 giugno 2014

città metropolitana del golfo.










pensate alla nascita, della nuova città metropolitana, per l'appunto CITTA' DEL GOLFO, dove i quartieri  di Alcamo,Castellammare del golfo, Calatafimi Segesta,Balestrate,Partinico, Borgetto, Terrasini,Montelepre, e  Cinisi. Pensate che grande opportunità di crescita, un unico Sindaco, un consiglio Comunale + quattro consiglieri per circoscrizione, due scali marittimi (turistico e commerciale), un aereoporto  magari  ABI, condivisione delle risorse ambientali come  acqua, siti balneari e montani anche di interesse storico,   risorse economiche da città metropolitana  sviluppo sociale  ed economico. Essere cittadino del Golfo non sarebbe mica male, ma tutto questo spaventa   le città di Trapani e Palermo, che  con i loro rappresentanti cercano di boicottare  il progetto, tentando Crocetta, con vizi capitali,  si promettono alla Regione  fiumi di Soldi, i nostri stessi Soldi,quelli che per diritto dello Statuto Siciliano  dovrebbero essere impegnati nel nostro territorio,invece ritornano in parte  dalle sedi Romane  sotto forma di investimento per lo sviluppo dei cosiddetti popoli retrò.
                                                                                     Ruisi Francesco









mercoledì 4 giugno 2014

maestre tremate le renziate sò arrivate




 Pagelle per presidi e professori,ci pensa Super Renzi.

Bruxelles  detta ordini, infatti la Commissione europea sull'insegnamento non perde tempo a  dare il codice di comportamento a l'Italia  che come da brava scolara accelera sulla riforma e mette già in cantiere la bozza che ha come obiettivo "collegare le retribuzioni al merito e ai risultati"
La valutazione appartiene tutta al corpo studentesco che  potrebbe cominciare a pesare sui destini delle scuole e delle università italiana. Si fa ormai sempre più concreta l’idea di estendere le pagelle per presidi e professori a tutti gli istituti scolastici italiani.  Ieri infatti, è arrivato il monito della Commissione europea che ha invitato l'Italia a fare sforzi per migliorare la qualità dell’insegnamento e la dotazione di capitale umano a tutti i livelli di istruzione: primario, secondario e terziario, infatti per Bruxelles, l’insegnamento  è una professione caratterizzata da un percorso di carriera unico e attualmente da prospettive limitate di sviluppo professionale. La diversificazione della carriera dei docenti, la cui progressione deve essere meglio correlata al merito e alle competenze, associata ad una valutazione generalizzata del sistema educativo, potrebbero tradursi in migliori risultati della scuola, scrollandosi proprio da quelle figure  che  zavorrano e mortificano l'intelligenza socioculturale. 

Nella riforma in cantiere Renzi  valuterà dunque il voto dei ragazzi con delle scontate conseguenze per i docenti e presidi i quali potrebbero vedersi non rinnovato il contratto di lavoro  o per i più fortunati ci sarà quella che metterà fine allo stipendio dei prof concatenato ai soli anni di servizio per gli insegnanti e la valutazione dei dirigenti scolastici.
L’operato del preside verrà valutato annualmente in base a sei indicatori . 
Quindi,collegare le retribuzioni degli insegnanti ai risultati.
La partita più difficile da portare in porto sarà  proprio  quella della valutazione degli insegnanti. Adesso si tratta di capire come differenziare gli stipendi degli insegnanti.
Dal cantiere uscirà una proposta con diverse sfumature. Saranno poi le forze politiche e sociali a confrontarsi sul tema per tracciare la strada da intraprendere. Una strada che si prevede piuttosto malagevole, visto che la categoria digerisce male  i giudizi sul proprio operato. Tra le ipotesi più accreditate la differenziazione dello stipendio in base alle funzioni aggiuntive assegnate all'insegnante e al tempo passato a scuola oltre l’orario di insegnamento.
                                                         Rusi Francesco 

domenica 1 giugno 2014

Calcolo del credito Irpef: ecco gli importi effettivi del bonus erogati in busta paga






Il calcolo del credito Irpef dipende dal reddito del lavoratore e dal periodo di lavoro nell’anno. Non tutti percepiscono un bonus di 80 euro mensili in busta paga, pari a 640 euro totali. L’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni e numerosi esempi su come il datore di lavoro deve determinare l’importo mensile erogato da maggio a dicembre 2014: sarà di 80,98 euro in alcuni mesi e 78,37 euro in altri, ma per molti sarà di meno. Mai 53,33 euro per 8 mesi. 


Il bonus di 80 euro del Governo Renzi è una delle misure più importanti a livello fiscale nell’anno 2014. Si tratta di credito Irpef che potrebbe portare nelle buste paga degli italiani fino a 640 euro da maggio a dicembre. Ma a chiarire il sistema di calcolo, quello che determina l’effettiva cifra mensile che si troveranno i lavoratori in busta paga, è l’Agenzia delle Entrate in una circolare. Il calcolo del credito dipende non solo dal reddito, che non deve superare i 26.000 euro, ma anche dal  periodo di lavoro nell’anno e il  periodo di paga. Una cosa è sicura: l’importo non sarà 80 euro né 53,33 euro. Ma dipende dai giorni di lavoro effettivi durante il mese di erogazione.

L’Agenzia delle Entrate risponde ad una importante domanda, la principale sul bonus di 80 euro di Renzi: La domanda relativa al “Calcolo del credito da erogare nel periodo di paga” ossia le “le modalità di calcolo del credito da erogare in ciascun periodo di paga che devono seguire i sostituti d’imposta” (sarebbero di datori di lavoro).

La norma stabilisce che il lavoratore ha diritto a 640 euro di credito Irpef, se non supera i 24.000 euro di reddito, ed a una cifra inferiore che va azzerandosi per coloro che hanno un reddito da 24.000 euro a 26.000 euro (es. per 25.000 euro di reddito spetta 320 euro). Il problema principale è capire chi ha diritto a circa 80 euro in busta paga da maggio a dicembre 2014, e chi invece deve percepire di meno. O comunque come deve comportarsi il datore di lavoro. E cosa deve aspettarsi in busta paga il lavoratore.

Nella risposta l’Agenzia delle Entrate richiama uno dei tre presupposti alla base della spettanza del bonus, che il datore di lavoro deve verificare, ossia che il lavoratore sia capiente, ossia l’imposta lorda Irpef deve superare le detrazioni per lavoro dipendente. Ciò avviene per i lavoratori con un reddito di oltre 8.000 euro. Gli altri due presupposti è il possesso di un reddito rientrante tra quelli oggetto di agevolazione, ed ovviamente un reddito non superiore a 26.000 euro.

Dopo aver verificato la capienza, secondo l’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro deve:
calcolare l’importo del credito in relazione al reddito complessivo (comma 1-bis dell’art. 13), tenendo conto che il credito va rapportato al periodo di lavoro nell’anno (comma 3 dell’art. 1 del decreto),
ed infine determinare l’importo da erogare in ciascun periodo di paga (commi 3 e 4 dell’art. 1 del decreto).

Per quanto concerne la verifica della “capienza”, l’Agenzia precisa che i termini di confronto devono essere omogenei e, quindi, occorre calcolare le detrazioni spettanti in base ai soli redditi che danno potenzialmente diritto al credito. Quindi non vanno considerati altri redditi. In sostanza, l’imposta lorda sui redditi di lavoro dipendente e assimilati deve essere di importo superiore alle detrazioni calcolate su un reddito complessivo formato dai medesimi redditi che hanno determinato l’imposta lorda stessa.

Per quanto riguarda il calcolo del calcolo del credito spettante, quindi del bonus Irpef, il comma 1-bis dell’art. 13 del TUIR prevede che se il reddito complessivo:
non è superiore a 24.000 euro, il credito è di importo pari a 640 euro;
è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro, il credito di 640 euro spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro.

L’Agenzia delle Entrate fornisce alcuni esempi, sia per i lavoratori che superano 24.000 euro ma non 26.000 euro, sia per i lavoratori che non superano i 24.000 euro di reddito nel 2014, ma non hanno lavorato tutto l’anno. In quest’ultimo caso infatti, l’importo del credito è rapportato al periodo di lavoro nell’anno. La stessa circolare aggiunge però che hanno diritto al bonus, sempre rapportato ai giorni di percezione della prestazione a sostegno del reddito, anche i lavoratori in CIG, CIGS, CIG in deroga, mobilità o in Aspi.

Vediamo ora i vari esempi di calcolo, premettendo che il reddito da considerarsi è quello imponibile fiscale, essendo il credito introdotto dal Decreto Legge n. 66 del 2014 un comma 1-bis all’art. 13 del TUIR che riguarda la determinazione dell’imposta Irpef da pagare, da parte del contribuente.

Lavoratore con 24.800 euro di reddito in 12 mesi di lavoro nel 2014. Ad esempio, per un lavoratore impiegato per l’intero 2014 il cui reddito complessivo è di 24.800 euro, l’importo del credito spettante è pari a 640 x [(26.000 – 24.800)/2.000] = 640 x 1.200/2000 = 640 x 0,6 = ossia 384 euro.

Lavoratore con un reddito di 25.200 euro. Per un lavoratore impiegato per l’intero 2014 il cui reddito complessivo è di 25.200 euro, l’importo del credito spettante è pari a: 640 x [(26.000 – 25.200)/2.000] = 640 x 800/2000 = 640 x 0,4 = 256  euro di bonus Irpef. L’importo del credito si azzera al raggiungimento di un livello di reddito complessivo pari a 26.000 euro.

Lavoratore con reddito di 22.000 euro percepito in 4 o 7 mesi. Se il periodo di lavoro nell’anno 2014 è inferiore a 365 giorni, l’importo del credito spettante, come precedentemente determinato, deve essere parametrato al numero dei giorni di lavoro dell’anno, calcolati tenendo conto delle regole ordinariamente
applicabili per l’applicazione delle detrazioni previste dall’art. 13 del TUIR.

Ad esempio, un lavoratore il cui reddito complessivo è di euro 22.000 e che:
ha cessato il rapporto di lavoro il 30 aprile 2014 (120 giorni di lavoro nel 2014) avrà diritto soltanto a parte del credito, pari a euro 640/365 x 120 = euro 210,41 di credito Irpef;
ha iniziato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato il 3 giugno 2014 (212 giorni di lavoro del 2014) avrà diritto soltanto a parte del credito, in quanto euro 640/365 x 212 = euro 371,73 di bonus.

La detassazione non si computa. Una importante risposta dell’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 9/E chiarisce che i redditi del lavoratore derivanti da detassazione, ossia le somme per incrementi di produttività per l’anno 2014, sono escluse dal calcolo del reddito. Quindi fino a 3.000 euro.

La cedolare secca si computa e può portare alla perdita del bonus. Una risposta negativa arriva sempre dalla circolare n. 9/E per quei lavoratori che hanno anche un reddito derivante da una casa concessa in affitto. Se per il contratto di locazione il lavoratore ha optato per il regime della cedolare secca, il reddito si somma a quello da lavoro dipendente ai fini del calcolo del limite di reddito di 24.000 e 26.000 euro. A rischio il bonus.

L’Agenzia delle Entrate specifica che il datore di lavoro prima deve verificare la capienza (imposta lorda del lavoratore che supera la detrazione fiscale per lavoro dipendente), poi deve determinare in base ai dati in suo possesso il reddito complessivo,  e poi deve provvedere ad erogare il bonus in busta paga.

In relazione a quest’ultimo aspetto, ossia l’erogazione del credito da parte dei sostituti d’imposta, il comma 4 dell’art. 1 del decreto prevede che i sostituti d’imposta (ossia i datori di lavoro) riconoscono il credito “ripartendolo fra le retribuzioni erogate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, a partire dal primo periodo di paga utile”, mentre il successivo comma 5 prevede che il credito “è attribuito sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga rapportandolo al periodo stesso”. Quindi leggendo la norma, l’erogazione è a partire da maggio 2014 ed il datore deve distribuire l’importo totale calcolato per le 8 buste paga da maggio a dicembre 2014. Sarebbero per molti i 640 euro che distribuiti diventano appunto il bonus di 80 euro tanto pubblicizzato.

Con la circolare n. 8/E del 2014 infatti, considerata la data di entrata in vigore del decreto, è stato specificato che i sostituti d’imposta riconosceranno il credito spettante ai beneficiari a partire dalle retribuzioni erogate nel mese di maggio. Solo nella particolare ipotesi in cui ciò non sia possibile per ragioni esclusivamente tecniche legate alle procedure di pagamento delle retribuzioni, i sostituti riconosceranno il credito a partire dalle retribuzioni erogate nel successivo mese di giugno, ferma restando la ripartizione dell’intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell’anno 2014.

Quindi anche l’Agenzia delle Entrate conferma che l’obiettivo deve essere l’erogare in 8 mensilità, in 8 buste paga, l’importo del bonus calcolato sulla base del reddito complessivo presunto.

Il periodo di lavoro nell’anno va calcolato in giorni di lavoro. La circolare però precisa che vanno considerati i giorni lavorati nell’anno. Infatti una delle principali precisazioni è proprio questa, che il computo del periodo di lavoro va effettuato non su base annuale, non su base mensile, ma su base giornaliera. Una delle risposte della circolare n. 9/E del 14 maggio 2014 cita testualmente: “Si ritiene che nella verifica della spettanza del credito, il disposto del comma 2 dell’art. 1 del decreto, secondo cui il credito è rapportato al periodo di lavoro nell’anno, debba essere inteso facendo riferimento ai giorni che danno diritto alle detrazioni per lavoro”.

Quindi per la ripartizione nei vari mesi del credito spettante, come in precedenza determinato, tra i periodi di paga che vanno da maggio a dicembre (o da giugno a dicembre), o comunque tra i periodi di paga interessati in relazione all’eventuale durata infrannuale del rapporto di lavoro, occorre considerare che il credito deve essere parametrato al numero di giorni lavorati nell’anno. Ne consegue che la ripartizione del credito spettante tra i periodi di paga potrà avvenire tenendo conto del numero di giorni lavorati in ciascun periodo di paga.

Ad esempio, per le erogazioni da maggio a dicembre 2014 (245 giorni), per trovare l’importo da erogare nel mese il credito complessivamente spettante dovrebbe essere diviso per 245 e poi moltiplicato per i giorni di ciascun mese.

Calcolo importo mensile per i lavoratori con meno 24.000 euro che lavorano tutto l’anno 2014. Supponendo un importo del credito spettante complessivamente pari a 640 euro (tutti i lavoratori con meno di 24.000 euro che hanno lavorato l’intero 2014), l’importo del credito erogato in ciascun periodo di paga sarà pari:
a euro 640/245 x 31 = 80,98 per i mesi di maggio, luglio, agosto, ottobre e dicembre,
e pari a euro 640/245 x 30 = 78,37 per i mesi di giugno, settembre e novembre.

Per le erogazioni da giugno a dicembre 2014 (214 giorni), l’importo del credito erogato in ciascun periodo di paga sarà pari a euro 640/214 x 31 = 92,71 per i mesi di luglio, agosto, ottobre e dicembre, e pari a euro 640/214 x 30 = 89,72 a giugno, settembre e novembre.

Il medesimo criterio di calcolo vale anche per i periodi di lavoro infrannuali. Ad esempio, per un rapporto di lavoro che inizia il 15 maggio 2014 e termina il 15 settembre 2014, per un totale di 124 giorni di lavoro, supponendo un reddito complessivo fino a 24.000 euro, il credito spettante parametrato al numero di giorni lavorati è pari a euro 640/365 x 124 = 217,42, da ripartire in base ai giorni di lavoro in ciascun mese: 29,81 euro per i 17 giorni di maggio; 52,60 euro per i 30 giorni di giugno; 54,36 euro per i 31 giorni di luglio e agosto; 26,30 euro per i 15 giorni di settembre.

Questo il sistema suggerito dall’Agenzia delle Entrate che però precisa: “Per semplicità di applicazione, è comunque possibile utilizzare anche altri criteri, purché oggettivi e costanti, ferma restando la ripartizione dell’intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell’anno 2014. Ad esempio, è possibile ripartire l’importo del credito spettante considerando il numero dei periodi di paga in cui il credito stesso è erogato.

Per i rapporti di lavoro che si protraggono per l’intero anno 2014, in cui non appare rilevante ai fini in esame la considerazione dell’esatto numero dei giorni di ciascun mese, l’importo del credito di 640 euro su base annua potrà essere erogato per un importo pari a 80 euro al mese per ciascuno degli 8 mesi che vanno da maggio a dicembre 2014. Ovviamente, se l’erogazione avvenisse per motivi tecnici nei 7 mesi da giugno a dicembre 2014 l’importo sarebbe di 91,43 euro al mese”.

Non è consentito, invece, dividere l’importo del credito di 640 euro su base annua per le 12 mensilità, ed erogare euro 53,33 per ciascuno degli 8 mesi che vanno da maggio a dicembre 2014 (totale euro 426,67), erogando solo a conguaglio la differenza (euro 213,33).

Molti lavoratori, soprattutto i precari, che sono tanti purtroppo, possono essere titolari di due o più contratti in un anno. Un contratto a termine ti scade, finisce e cambi datore di lavoro. Oppure il caso del lavoratore che passa da un contratto a progetto all’altro. Tutti i casi in cui i datori di lavoro sono due, uno dopo l’altro, o addirittura due datori di lavoro contemporaneamente (come chi ha due contratti part-time), rappresentano un possibile problema in riferimento al calcolo del bonus spettante. Il lavoratore, che come contribuente è destinatario del bonus Irpef calcolato sul reddito annuale, è l’unico responsabile dell’erogazione de bonus, anche se il datore di lavoro agisce “in via automatica”. Quindi gli altri redditi avuti nell’anno, precedentemente o contemporaneamente, vanno segnalati al datore di lavoro attraverso una comunicazione. E chi non ha diritto al bonus, perché sommando i redditi supera i 26.000 euro, deve immediatamente comunicare tale condizione al datore di lavoro.
                                                                                    Ruisi Francesco

sabato 31 maggio 2014

Il nuovo art. 416 ter cp: lo scambio elettorale politico-mafioso, fa acqua ed è pericoloso!






La legge del 17 aprile 2014 n. 62 ha modificato il codice penale inserendo il nuovo articolo 416 ter cp relativo al c.d. reato di scambio elettorale politico-mafioso.
Il nuovo articolo è titolato  " Scambio elettorale politico-mafioso " prevede che " Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione  o  della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.  La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti  con  le modalità di cui al primo comma ".

Il nuovo articolo di legge può  trovarsi in conflitto tra diritto civile e diritto penale.

Infatti, l’articolo 416 ter cp anche se inserito nel codice penale, sanziona un particolare accordo " civilistico " con il quale  una parte si impegna a procurare voti ad un altro soggetto in cambio di un corrispettivo. Quindi, " l'accordo "  che viene sanzionato dal legislatore è il contratto con il quale ci si  impegna a procurare voti in cambio di un corrispettivo (che può essere qualsiasi bene o servizio che abbia una utilità), occorre comprendere se la norma si applica ad atti civili che non abbiano la struttura tipica del contratto.

Sicuramente l’intento del legislatore è quello di colpire atti che (anche senza la struttura del contratto) hanno o raggiungono la medesima finalità di scambio.

Questo si deduce dalle parole dissonanti  presenti nel 416 ter cp   " promette " o " promessa " di procurare voti e dalla espressione  " accetta la promessa di procurare voti ".  In altri termini, la parola " promessa " richiama strutture di atti e tipi di atti civili i quali hanno la finalità di trovare voti, ma che non sono strutturati come contratti con due parti contrattuali contrapposte. Infatti, in sede civile, mentre il contratto richiede per il suo perfezionamento il consenso di due parti,  la " promessa " viene descritta come un negozio unilaterale che per perfezionarsi non deve avere il consenso dell’altra parte.

Ecco, quindi, che diventa più chiaro anche l’ultimo comma dell’ art.416 ter cp secondo il quale è punito  " promette di procurare voti ", questo significa che colui che fornisce voti, è punito sia se si impegna a fornire voti con una promessa vera e propria, sia se si impegna con una proposta di contratto, indipendentemente da qualsiasi " controparte " e, soprattutto, indipendentemente da qualsiasi  " accettazione " della controparte.

  Si potrebbe anche aggiungere che in base all'ultimo comma del 416 cp la sanzione arriva indipendentemente dalla ricezione di un corrispettivo.

Usando altre parole si potrebbe dire che per comprendere e spiegare l’art. 416 ter cp occorre partire dall'ultimo comma del medesimo articolo.  Occorre, però, sottolineare che questa interpretazione presuppone che il termine “promessa” sia stato usato in senso non tecnico (per il rilievo civile) dal legislatore e, quindi, che il legislatore con il termine promessa non si riferisce solo ad un particolare atto tipico civile (le promesse), ma a tutti quegli atti (civili) che raggiungono il medesimo risultato senza che sia necessaria la presenza di una controparte e senza che sia necessaria  l’accettazione di una controparte.

Sottolineato questa peculiarità, possiamo passare ad analizzare il primo comma del 416 ter cp ed è possibile valutare la questione dal punto di vista di colui che riceve i voti. Come si è già detto anche in questo caso colui che riceve voti è punito, ma solo se " accetta la promessa " (pervenuta da un terzo) di fornire  voti e paga un corrispettivo. Ora, è evidente che in questa situazione il legislatore richiede l’accettazione della promessa e questa è la prima incongruenza, posto che l’accettazione di una promessa (almeno in sede civile) è un evento  alquanto difficile se con il termine " promessa " si intende il tipico negozio civile che ha natura unilaterale e che non richiede l’accettazione dell’alta parte.

L’incoerenza della frase " accetta la promessa " si nota anche se considera che in ambito civile un corrispettivo non è dovuto da colui che “riceve una promessa”, anzi il corrispettivo è un elemento tipico dei contratti, con due parti, (nei quali è necessaria la presenza di due parti).
In poche parole, la norma per avere una coerenza anche in sede civile avrebbe dovuto dire, è punito chiunque accetta la proposta (da altri formulata) di riceve voti in cambio di un corrispettivo, ma è punito anche colui che ricevuta la promessa di voti, promette a sua volta un corrispettivo per i voti ricevuti. Questo tipo di formulazione (tecnica in senso civile) avrebbe permesso di superare le incompatibilità tra una norma penale che sanziona un accordo civile.

Questo permette di  sottolineare quanto il termine promessa sia usato in modo civilisticamente atecnico anche nel primo comma del 416 ter cp, in quanto se si dovesse interpretare il termine promessa indicato nel primo comma 416 ter cp solo come sinonimo di proposta contrattuale (sarebbero fuori dalla portata penale gli atti civili che raggiungono il medesimo risultato senza necessità di consenso dell’altra parte).

A chiusura di queste brevi osservazioni sulla commissione tra diritto civile e penale, è opportuno sottolineare che la norma colpisce il voto di scambio diretto (tra colui che beneficia dei voti e colui che procura i voti) sia il voto di scambio indiretto, cioè viene sanzionata anche al vicenda in cui i voti sono comprati tramite mediatori o altri soggetti non direttamente " politici "; inoltre, il termine " politico " si riferisce non solo a colui che ricopre un incarico elettivo pubblico (quindi, già eletto), ma anche a colui che vuole essere eletto (e, quindi, è un politico generico).

Quanto, infine, al corrispettivo, questo non deve essere solo denaro, ma qualsiasi altra " utilità ", come ad esempio, l’impegno di ricevere  l’aggiudicazione di appalti pubblici o l’assunzione nella pubblica amministrazione.

In chiusura,  l'art. 416 ter cp  sembra fare acqua da tutte le parti, e normale pensare che i professionisti  della legge, useranno le contraddizioni presenti nel testo del legislatore per azzerare  i suoi effetti, che di fatto così come presentato può essere usato in modo sconsiderato.
                                                                                           Ruisi Francesco