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giovedì 13 febbraio 2014

IL MINISTERO DEL TESORO VUOLE RIPRENDERSI 600 EURO DALLE BUSTE PAGA DEI BIDELLI


Si tratta di soldi riconosciuti dall’ultimo contratto di lavoro, che spetterebbero per la prestazione svolta a partire dal settembre 2011. Il taglio rra già stato annunciato per le buste paga degli insegnanti. Allora intervenne il ministro Carrozza che bloccò tutto.

Dopo gli insegnanti, i bidelli. Il ministero del Tesoro vuole riprendersi 600 euro dalle buste paga del personale non docente della scuola. Si tratta di soldi riconosciuti dall'ultimo contratto di lavoro, che spetterebbero per la prestazione svolta a partire dal settembre 2011. Adesso come ha riportato il quotidiano Libero, il Ministero ha chiesto la restituzione degli importi.

IL COMPENSO RIGUARDA MANSIONI AGGIUNTIVE La cifra in questione riguarda le mansioni aggiuntive, che non sono soltanto un lavoro in più ma competenze riconosciute dopo appositi corsi di specializzazione, una sorta di premio al merito per incarichi in aggiunta ai normali compiti, come dare assistenza ai ragazzi disabili, essere in grado di garantire il primo soccorso, sostituire il direttore dei servizi amministrativi e dare supporto alla didattica.

Queste funzioni possono essere svolte solo da personale selezionato e formato: poco più di settemila dipendenti sui quasi 200mila Ata in servizio nelle scuole. Le mansioni sono già state svolte e retribuite.

Assunzioni in Banca: lavoro in tutta Italia, nelle filiali UniCredit



Assunzioni in Banca: lavoro in tutta Italia, nelle filiali UniCredit

Chi cerca un lavoro in banca può cogliere questa opportunità interessante. Lavorare per UniCredit significa collaborare con uno dei gruppi finanziari più importanti a livello europeo. Attualmente UniCredit ha programmato varie assunzioni, in tutta Italia per il ruolo di addetto servizio clienti e in sedi specifiche per gli altri ruoli. 

Le regioni interessate come sedi di lavoro sono: Trentino Alto Adige, Lazio, Sardegna, Liguria, Basilicata, Lombardia, Veneto, Puglia, Abruzzo, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria.
Addetto servizio clienti
Chi riveste il ruolo di addetto servizio clienti si occupa di assicurare l'efficienza dell'operatività di sportello in un'agenzia, di promuovere e vendere i prodotti e servizi di base di UniCredit, di captare le opportunità commerciali consigliando i clienti, di collaborare in modo attivo con i colleghi. 

Requisiti richiesti:
 - Avere conseguito la laurea in materie economiche, giuridiche o matematico-statistiche;
 - Essere in possesso di patente di guida;
 - Padroneggiare a livello intermedio la lingua inglese.

Il lavoro prevede un contratto a tempo determinato per il periodo estivo, da giugno a settembre. 


mercoledì 12 febbraio 2014

Sentenza a favore dei co.co.pro.

Il Tribunale di Bergamo con la sentenza n°941 del 12 dicemdre 2013 garantisce  anche i co.co.pro. che recita  hanno diritto alla pensione nonostante il datore non ha versato i contributi.

 Così come il lavoratore subordinato, anche il lavoratore con contratto a progetto ha diritto ad ottenere la pensione nel caso in cui il datore non abbia versato i contributi previdenziali.

Anche se la legge prevede espressamente tale diritto solo per i lavoratori subordinati, la norma va interpretata in modo estensivo e quindi va intesa anche a favore dei co.co.pro. in quanto la situazione dei collaboratori è assimilabile a quella degli altri dipendenti.

Lo afferma di Bergamo in una recente sentenza. Quindi, se il collaboratore coordinato e continuativo, dopo aver lavorato per un’azienda per diversi anni, presenta domanda all’Inps per ottenere la pensione di vecchiaia, ma riceve un rifiuto, in quanto il datore non ha correttamente versato i contributi alla gestione competente, può fare ricorso in tribunale per ottenere quanto le spetta dall’Inps.

Il cosiddetto principio  dell’automaticità delle prestazioni  sancito dall’art. 2116 del codice  civile, che  riconosce ai lavoratori il diritto di percepire il trattamento pensionistico anche qualora l’azienda abbia omesso di versare i contributi previdenziali maturati. Stando al tenore letterale della norma, il principio si applica solo ai lavoratori “subordinati” e quindi non può essere invocato dai collaboratori con contratti co.co.

Tale lettura, fino alla sentenza del Tribunale di Bergamo, era pacifica e indiscussa, tanto che non pochi progetti di legge in passato hanno tentato di superare il problema, estendendo la tutela anche ai collaboratori non dipendenti. La sentenza di Bergamo, però, rovescia questa interpretazione, forzando in maniera evidente il dato legislativo.

Secondo il tribunale bergamasco, è vero che il Codice civile menziona soltanto i rapporti di lavoro subordinato tra quelli rientranti nell’ambito del principio dell’automaticità delle prestazioni, tuttavia questo principio ha una portata generale e quindi va inteso anche per i contratti di lavoro parasubordinato come, appunto, i contratti a progetto.


Bisogna quindi concludere per l’estensione del principio in favore dei collaboratori coordinati e continuativi, in quanto il regime previdenziale di tali soggetti sarebbe sostanzialmente identico a quello dei lavoratori dipendenti. Se la situazione è identica, conclude la pronuncia, si deve applicare una regola uguale, e quindi si deve estendere anche ai collaboratori il principio dell’automaticità delle prestazioni.
 Ragionando diversamente, la norma sarebbe incostituzionale, per violazione del principio di eguaglianza in forza dell’art. 3 della Costituzione Italiana.
                                                                                Ruisi Francesco 

lunedì 10 febbraio 2014

Assicurazione R.C.A. a volte i bordellyne fanno bene.


Assicurazione R.C.A.    a volte i bordellyne  fanno bene.

 Alla Camera dei Deputati è stato appena stralciato il pacchetto rca dal Decreto Destinazione Italia, per la precisione, l'art. 8, si tratta di una sequela di norme che hanno una significativa ricaduta sul settore delle RCA. Dopo il BORDELLYNe di molti del PD per l'appunto, renziani in testa, ma anche MoVimento 5 Stelle e Sel, che si erano messi di traverso.
Ora, parte ex novo un apposito disegno di legge che conterrà le nuove norme rimodulate, tra le quali figureranno la nuova disciplina contrattuale della cessione del credito, la scatola nera, l'inconcepibile decadenza lampo di mesi tre per richiedere il risarcimento, il testimone da indicare in denuncia, oltre al valore tabellare del danno da morte.
                                                                                      Ruisi Francesco

domenica 9 febbraio 2014

Afghanistan, una legge permetterà ai mariti di picchiare le mogli


Afghanistan, una legge permetterà ai mariti di picchiare le mogli

di Monica Ricci Sargentini

Una nuova legge, appena approvata dal parlamento afghano, permetterà agli uomini di picchiare mogli, bambine e sorelle senza paura di poter finire in prigione. Un passo indietro dopo anni di progressi nel combattere la violenza domestica in un Paese dove i delitti d’onore, i matrimoni forzati e gli abusi in famiglia sono all’ordine del giorno. Il provvedimento modifica il codice penale vietando ai parenti degli imputati di violenze domestiche o di matrimoni forzati di testimoniare contro di loro nei tribunali. In questo modo le vittime vengono costrette al silenzio e non possono denunciare la loro sofferenza.

Perché la legge entri in vigore manca solo la firma del presidente Karzai  ed è proprio a lui che si appellano le associazioni per i diritti umani locali e internazionali sperando che replichi il gesto compiuto nel 2009 quando aveva bocciato in extremis una legge che legalizzava lo stupro compiuto dal marito perché suo “diritto nuziale”.

“E’ pazzesco quello che sta succedendo. Non si potrà più perseguire chi compie violenza sulle donne in famiglia. Le persone più vulnerabili non otterranno mai giustizia” dice Manizha Naderi, direttrice dell’Ong Women for Afghan Women.

Non ci sarà più giustizia per le spose bambine come Sahar Gul (nella foto) che fu torturata e tenuta per mesi in un seminterrato dal marito e dai suoi parenti  perché non voleva prostituirsi. La sua storia ha commosso il mondo ed è stata una delle più lette del nostro blog.  Né potrà più raccontare il suo calvario Sitara, la donna di 31 anni cui il marito ha tagliato naso e labbra in un accesso d’ira.

 In un Paese in cui gli abusi sono già per la maggior parte impuniti (gli aguzzini di Sahar  sono stati liberati lo scorso luglio perché colpevoli solo di “violenze familiari”) diventa ora impossibile arrivare anche all’incriminazione di fratelli e padri che massacrano in nome dell’onore o che vendono le loro figlie/sorelle per mettere fine a una faida o per azzerare un debito. Tutto questo finirà fuori dal controllo della legge.

Per Human Rights Watch la nuova norma “lascia impuniti i picchiatori di donne e bambini “.

Ora tutti gli occhi sono puntati su Karzai. “Chiederemo al presidente di non firmare finché quell’articolo della legge n on sarà cambiato” dice convinta al britannico The Guardian Selay Ghaffar di un’associazione che fornisce rifugio e assistenza legale alle donne e ai bambini afghani. Ma non siamo più nel 2009, Karzai  da aprile non sarà più presidente  e le sue priorità sono altre: in primis i difficili negoziati con gli Usa sulla fase successiva al ritiro dei soldati stranieri a fine 2014.

Negli ultimi anni le forze conservative hanno ripreso vigore. Nel 2013 sono state bocciate la legge contro la violenza sulle donne e quella sulle quota rosa. A novembre si è tornati addirittura a riproporre la lapidazione in pubblico per gli adulteri.

Dalla caduta del mullah Omar a oggi per le donne afghane è cambiato poco. “All’inizio, subito dopo la sconfitta dei talebani  - racconta ancora Ghaffar – tutti avevano paura del nuovo governo e dei media. Ma poi hanno capito che possono fare quello che vogliono perché il governo non è molto a favore dei diritti delle donne”.

Cassazione e sicurezza sul lavoro: la responsabilità del datore di lavoro cessa solo col rischio elettivo. Il concetto di "preposto"





Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 2455 del 4 Febbraio 2014. La sentenza in oggetto offre numerosi spunti di riflessione sul tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro. In generale, nel nostro ordinamento, è onere del datore di lavoro (o della persona da lui nominata) provvedere alla sorveglianza diretta dei sottoposti, al fine di evitare che gli stessi operino senza quelle precauzioni necessarie a garantire la loro sicurezza. 

Ciò poiché il datore di lavoro è sempre responsabile nei confronti del lavoratore, sia quando quest'ultimo ometta di adottare le opportune precauzioni (ad esempio, indossando caschetto, occhiali, calzature e guanti protettivi), sia quando il primo ometta del tutto la vigilanza circa l'adeguamento dei dipendenti alla normativa vigente. Il datore di lavoro va esente da responsabilità solo nel caso in cui venga integrato il c.d. "rischio elettivo", intendendosi con tale termine la circostanza per cui, con un comportamento assolutamente imprevedibile e abnorme, il dipendente agisce provocando danni a se stesso e ad altri. L'onere di provare la sussistenza del rischio elettivo grava sul datore di lavoro.

Nel caso di specie l'infortunio è stato causato dalla caduta di un operaio, impegnato nell'esecuzione di alcune opere di montaggio e smontaggio, da un'impalcatura. Per questo tipo di lavoro è indispensabile che il soggetto sia dotato di cintura di sicurezza, debitamente agganciata, qualora non sia possibile disporre di impalcature di protezione o di parapetti. Se dagli atti di causa - attinti anche dal correlato procedimento penale - risulta che il lavoratore svolgeva la propria attività senza indossare né osservare idonee misure di prevenzione, allora la responsabilità dell'infortunio resta totalmente a carico del datore di lavoro. Relativamente al riparto di responsabilità tra datore e altri responsabili afferma la Suprema Corte che "ai fini della ripartizione di responsabilità stabilita, in via gerarchica, tra datore di lavoro, dirigenti e preposti, la figura del preposto ricorre nel caso in cui il datore di lavoro, titolare di una attività aziendale complessa ed estesa, operi per deleghe secondo vari gradi di responsabilità, e presuppone uno specifico addestramento a tale scopo oltre al riconoscimento, con mansioni di caposquadra, della direzione esecutiva di un gruppo di lavoratori e dei relativi poteri per l'attribuzione di compiti operativi nell'ambito dei criteri prefissati". Il termine "preposto" non può quindi essere esteso all'operaio professionalmente più anziano della squadra, il quale, sebbene conservi esperienza maggiore rispetto agli altri dipendenti, non gode di delega apposita né si è impegnato in specifico addestramento da capo squadra con i poteri di direzione e controllo esecutivo che ne derivano.

                                                                                       Ruisi Francesco





sabato 8 febbraio 2014

Cancelliamo la famiglia è roba da fascisti.Parola di ministro


 attacco alla famiglia.

Che la linea della sinistra e stata storicamente anticristiana lo si era capito.
Ma ora le ministre  fanno cacca dei valori che la cristianità  ci insegna  sulla famiglia, prima la Kyenge,con le proposte  di eliminare i pronomi Papà e mamma, sostituendoli con genitore 1 e genitore 2.  Ora e andata all’attacco anche la ministra  Maria Chiara Carrozza che dice :
ha che servono i genitori?        Praticamente a nulla, madre o padre, genitore 24 o genitore 32, è tutto uguale. E la famiglia, ma sì la famiglia, un concetto vago, da vecchi bacucchi, superato dai tempi, nostalgico e magari anche un po’ “fascista”.

Adesso c’è la corsa a chi la spara più grossa. E non sono solo gli esponenti di seconda fila dei partiti, che sgomitano per finire sui giornali e avere uno sprazzo di notorietà, ma anche chi ha funzioni istituzionali molto alte, come i membri del governo Letta. L’ultima bordata assurda, irricevibile, arriva dal ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza. Che in premessa avverte:   «Il ruolo materno e paterno tradizionali ormai si alternano». Per poi svilire le figure dei genitori: «Non sono per estremizzare e cancellare, ad esempio, la festa del papà», dice in un’intervista a Rai News.  «Ma neanche per calcare la mano. La famiglia ideale in questo momento non esiste, forse non è mai esistita. Bisogna stare molto attenti a enfatizzare la struttura familiare ideale».
Un ulteriore regalo all’azione distruttiva (l’obiettivo è dire che la famiglia è ormai uno stereotipo e come tale va annullata alla radice) iniziata dal suo partito, il Pd, e condotta con forza da tutta la sinistra. Un’azione che smantella i princìpi sui quali si fonda la società italiana. Quindi, per un calcolo politico, vengono cancellate le identità di padre e madre. I genitori però devono ringraziare la ministra democratica Carrozza per la sua magnanimità: cercherà di non eliminare la festa della mamma e nemmeno quella del papà. E magari, in queste due date, con uno sforzo enorme, consentirà agli insegnanti di permettere agli alunni delle elementari di preparare qualche regaluccio ai genitori.
Considerazione estremamente gravi in virtù del fatto che la ministro carrozza e connessa con la scuola  dove   di norma si mandano i bambini  per educarli anche ai valori cristiani e di famiglia, gli stessi che hanno ispirato i termini della costituzione ITALIANA.
                                                                                  Ruisi Francesco