Istat, allarme povertà in Italia.
Il rapporto sulla coesione sociale 2013: disoccupazione alle stelle e stipendi immobili. I poveri in Italia sono raddoppiati dal 2005. Un pensionato su due non arriva a 1000 euro al mese.
Il rapporto sulla Coesione Sociale del 2013 stilato da Istat, Inps e Ministero del Lavoro e chiaro, l’ Italiani sempre più poveri, stipendi bloccati sotto minimi termini e disoccupazione devastante. I dati elaborati a fine 2013 come composizione sociale dell'anno che si sta terminando,basato su dati relative al 2012, contengono risultati in grado di rendere meno colmi di speranza i festeggiamenti per un nuovo inizio nel 2014.
Dai dati del rapporti si legge:
Povertà. Nel 2012 si trovava in condizione di povertà relativa il 12,7% delle famiglie italiane (+1,6 punti percentuali rispetto al 2011) e il 15,8% degli individui (+2,2 punti). Si tratta della situazione peggiore mai registrata dal 1997. La povertà assoluta colpisce il 6,8% delle famiglie e l'8% degli individui. I poveri sono praticamente raddoppiati in otto anni, dal 2005. Una situazione sulla quale pesa la crescita dei tassi di disoccupazione e i salari che invece rimangono praticamente congelati.
Disoccupazione. Il numero di persone in cerca di un'occupazione - quelli che tecnicamente possono definirsi disoccupati - nel 2012 erano 2 milioni e 744 mila: 636 mila in più rispetto al 2011. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10,7%, con un incremento di 2,3 punti percentuali solo rispetto all'anno precedente. In 4 anni, dal 2008, è aumentato addirittura di 4 punti percentuali. Con picchi per i giovani, tra i quali supera il 35%, con un balzo in avanti rispetto al 2011 di oltre 6 punti percentuali (14 dal 2008). Una realtà che scoraggia gli investimenti nello studio e nella formazione. Negli ultimi anni si è ridotta la capacità delle università italiane di attrarre studenti.
Giovani e università. il numero dei diplomati che scelgono di immatricolarsi in un corso di laurea è sceso al 58,2% nell'anno accademico 2011/2012 dal 73% del 2003/2004, anno di avvio della Riforma dei cicli accademici. Su questo pesano le scarse opportunità di guadagno e di lavoro che i titoli accademici non riescono più a garantire. Anche perché, pur in condizioni di alta qualificazione, gli stipendi rimangono spesso al di sotto delle aspettative. I lavoratori sovra istruiti (cioè in possesso di un titolo di studio più elevato rispetto a quello prevalentemente associato alla professione svolta) sono il 19% circa dei lavoratori.
Stipendi bloccati. In generale la retribuzione mensile netta è di soli 1.304 euro. Rispetto al 2011 è aumentata solo di 4 euro. Mentre per gli stranieri è addirittura in calo. In media, la retribuzione degli uomini italiani è più elevata (1.432 euro) di quella corrisposta alle donne (1.146 euro). Il divario retributivo di genere è più accentuato per la popolazione straniera, con gli uomini che percepiscono in media 1.120 euro e le donne soltanto 793.
Nascite. Tutto questo crea ansia e mancanza di fiducia nel futuro. Sono poche le coppie che decidono di costruire una vita familiare e le nascite calano. I nati nel 2012 sono stati poco più di 534 mila (547 mila del 2011 e 562 mila del 2010). Più di un bambino su quattro (28,3%) è nato fuori del matrimonio, quasi il triplo rispetto al 2000 (10,2%). Mentre cresce l'aspettativa di vita e, di conseguenza, la quota di popolazione anziana.
Anziani e pensioni. Misurata al 2011 l'aspettativa si attesta a 79,4 anni per gli uomini e a 84,5 per le donne, con un guadagno rispettivamente di circa nove e sette anni in confronto a trent'anni prima. Peccato però che i nostri longevi nonni vivano spesso ai limiti dell'indigenza i loro ultimi anni di vita. Quasi un pensionato su due (46,3%) ha un reddito da pensione inferiore a mille euro, il 38,6% ne percepisce uno fra mille e duemila euro, solo il 15,1% dei pensionati ha un reddito superiore ai duemila euro.
Ruisi Francesco
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