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martedì 25 marzo 2014

MATTEO RENZI SOTTO ESAME DA BARACK OBAMA






Renzi suda freddo, domani l’esame de Padrone, Barack Obama. Il terzo potere manda in campo  alla trattazione  della crisi OBAMA-PUTIN, l' innovato Silvio Berlusconi che ritorna sulla scena internazionale in veste di ambasciatore dell'amico Putin.  Silvio da subito mette i paletti - "Trovo controproducente e antistorica la decisione di escludere la Russia dal G8, fiero di ricordare il lungo e poderoso lavoro diplomatico portato avanti dall'Italia e dai governi da me presieduti per includere la Russia a pieno titolo nel consesso delle democrazie occidentali". Lo stesso addita  come  fattore scatenante  della crisi in atto tra America e Russia,   “Paolo Scaroni”, padron dell’ Eni che assecondò le politiche filorusse, oggi colpevole di tradimento per evere aperto il  Business del  gas a stelle e strisce che Obama vuole cominciare a vendere agli alleati con la scusa di renderli meno dipendenti da Putin.

Quindi Matteo Renzi  è sotto esame  dal capo della Casa Bianca, così come il  dossier energetico, oltre che sulle riforme economiche che ha in mente, d’altro lato  Renzi spera e attende una qualche benedizione elettoralmente spendibile.

Silvio incaricato a fare da PACERE, dimostra di rinascere nella  scena politica  internazionale, è come da buona cultura  commerciale  per dimostrare la disponibilità  ad OBArenzi, salva  il culo  al giovane premier. Dove era  a rischio  la riforma delle provincie, e dopo una mattinata in cui il ddl Del rio è andato sotto due volte in Commissione (decisiva l'assenza sbandierata come un trofeo da Mario Mauro), in Aula la pregiudiziale d'incostituzionalità dei grillini non è passata per soli quattro voti. Con la voce di un "soccorso azzurro" decisamente insistente.
                                                                                     Ruisi Francesco

domenica 23 marzo 2014

Blackrock, I padroni dell’ITALIA per colpa degli incompetenti uomini politici Italiani escono allo scoperto.



 Mps, IntesaSanpaolo e Unicredit, e stato solo l’inizio, ora i Blackrock  presenti come sceicchi  vogliono tutti  i«prodotti » made in Italy.
Il gigante americano - il più grande fondo finanziario del mondo - sta preparando l’assalto alle medie imprese italiane. Il colosso Usa ha allargato il suo portafoglio al 5,75% del Monte dei paschi di Siena e ora è il secondo socio della banca presieduta da Alessandro Profumo dopo la Fondazione di palazzo Sansedoni, scesa al 15%.
 Il portafoglio già pieno d’interesse per le banche della Penisola (secondo azionista sia di Unicredit col 5,2% sia di Intesa col 5%, è poco sotto il 5% in Ubibanca),oggi  per il listino di piazza Affari: Blackrock ha infatti una posizione di primo piano in Telecom (attorno al 5%), Generali (3%), Fiat Industrial (4%), Mediaset (2%) e ha circa il 5% di Atlantia, Azimut e Prysmian. Si registra anche  l’ingresso nel capitale di Rocca Salimbeni.
Larry Fink si trova alla guida  del colosso americano, abbile  ebreo californiano,  in 20 anni ha creato una realtà  da 4.300 miliardi di dollari di investimenti su scala globale
Fink non e solo anche lui deve obbedire ai signori Americani che lavorano con tanti uomini europei  per la conquista economica  del vecchio continente tenendo a bada  le varie scelte dagli stati che compongono  come la Germania o l’infuenza Russa, che potrebbero nuocere agl’affari USA.
 Quindi  una  ciambella di salvataggio arriva nelle mani di Renzi  tramite la combriccola Carrai /De benedetti/Padoan, infatti  potrebbe  scattare l’operazione «pmi». Il progetto, per ora a livelli embrionali, è allo studio con i vertici della Cassa depositi e prestiti. Pochi giorni fa, secondo indiscrezioni, emissari di Blackrock arrivati dalla sede di Londra hanno incontrato a Roma Bernardo Bini Smaghi, responsabile progetti speciali di Cdp. Sul tavolo, la creazione di un «fondo dei fondi» volto a incentivare il mercato dei mini bond. Si tratta di strumenti di indebitamento, sostenuti,ma senza successo, dal decreto «Destinazione Italia» varato a febbraio dal governo di Enrico Letta.
La Cdp sta passando al setaccio varie soluzioni volte ad aiutare le aziende per utilizzare queste speciali obbligazioni che hanno l’obiettivo di aggirare il credit crunch. I prestiti bancari ormai vengono sistematicamente negati e servono alternative per finanziare lo sviluppo delle imprese. La Cassa vuole sfruttare l’enorme liquidità inutilizzata di Blackrock e dare così un nuovo sostegno alle medie aziende del Belpaese. Il piano sembra trovare il gradimento del colosso Usa che, proprio per studiare a fondo l’eco - nomia italiana, ha intensificato le visite dentro i nostri confini: dal quartier generale londinese, i «pellegrinaggi» di manager Blackrock in Italia si sarebbero intensificati da inizio anno. D’altra parte, per comprare un titolo sul listino di piazza Affari bastano grafici e slide, mentre per investire nella cosiddetta economia reale serve una conoscenza diretta del territorio. E forse non è un caso che quest’anno la convention dei 150 top manager Blackrock si terrà in Italia, a Milano.
 I soldi americani potrebbero essere accompagnati da altre fonti di liquidità: la Cassa intenderebbe coinvolgere nel progetto enti di previdenza e fondi pensione. Alcuni approfondimenti su questa opzione dovrebbero essere al centro di una riunione, in programma l’1 aprile, tra l’alta dirigenza della Cdp e i rappresentanti della Covip, l’autorità di vigilanza sulla previdenza complementare.
Il tutto sotto l’attenta regia del presidente della spa controllata dal Tesoro, Franco Bassanini. Che sta progressivamente mutando la natura della Cdp. Senza dimenticare, che lo stesso esecutivo di Matteo Renzi scommette sulla Cassa per sbloccare definitivamente il pagamento dello stock di debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese.

lo stadio Lelio Catella al Pascolo delle pecore



    E in  condizioni  disastrose lo stadio di Alcamo  "Lelio Catella"

  A guardare lo stadio si vede un appezzamento di terreno  buono solo a fare pascolare le pecore , qualora esistesse  l’erba,  infatti si presenta  pieno di Buche, pozzanghere e avvallamenti , con il manto erboso inesistente, l’ impianto di drenaggio ormai  obsoleto quindi  mal funzionante, sono solo alcuni dei problemi che crucciano da molto tempo lo stadio alcamese "Lelio Catella".   E una  vergogna  mantenere lo stadio in tali  condizioni,senza contare   il fatto che, essendo l’impianto non utilizzabile, i vari campionati non verranno autorizzati   nello stesso, cosi perdendo oltre alla dignità   personale anche  un momento di attività economica  che ricade nel nostro territorio.
    Non si capisce   questa  cattiva gestione a quale fine  possa  giovare sia dal punto di vista sportivo che da quello  amministrativo,   e importante  capire perché  la manutenzione  dell’impianto sia stata affidata  alla stessa   società sportiva  ALCAMO CALCIO,  che di fatto hanno dimostrato di saper   traghettare  la squadra ad eccellenti risultati, ma nel contempo hanno  dato prova di non avere affatto  il pollice verde,   e poi saremmo curiosi di sapere a che prezzo. E che tipo di gestione oggi ha in mente di  adottare l'amministrazione.
 Noi pensiamo che  gli allenamenti possono anche essere svolti  altrove, per esempio al Maroso  altro impianto  in  nostra dotazione, adoperando l’impianto  Catella  solo per le partite di campionato e perché no, gestire lo stesso facendo sì che sia inserito nei circuiti del CONI , così ci guadagneremmo pure.
                                                                                  Ruisi Francesco

sabato 22 marzo 2014

ALCAMO CHE AFFONDA




Ma dove è,  il piano per lo sviluppo economico della città, tra cambi di figure  e di canotte,  non si vede nessuna linea programmatica  per lo sviluppo economico della città , si scrive fatto  su facebook su fatti  non risolti , ormai si litiga in ogni famiglia politica, per delle poltrone scassate,si fanno commissioni di inchieste  e proclami  confidenziali alle procure,  Vero!, tutti contro tutti ma  la città che  fine farà.   Assessori professionisti, bloccati,  come se il giorno del giuramento una stregoneria gli paralizza le menti ,  stessi  problemi ormai da  quarant’anni , in cancro   ad un’ aggravamento perenne , niente  interazione  scolastica , niente formazione  ne accompagnamento al lavoro,niente Lavoro,  niente di niente, in compenso tanto PITITTU,  eppure le soluzioni le abbiamo sotto il naso, allora perché le attività  sono perennemente congelate, quale  fantasma del passato   e  presente, si trova nei palazzi di città, e ormai da un po’ di tempo che la pianta organica va riformulata  , ma è come se si ha paura  di  quattro sciacalli che fanno i padroni, e no perché tirano le giacchette  e nemmeno per quattro marchette, e allora perché , ma le commissioni di inchiesta , non  INCHIESTANO. Consiglieri , Sindaco, Assessori, BASTA  E ORA  DI SVEGLIARSI , DIMOSTRATE DI ESSERE LIBERI DAGL’ORCHI, se ne avete il CORAGGIO,  in ogni caso  ricordateVi  che  si sta già pensando al nuovo rimpasto magari per il prossimo CARNEVALE.
                                                                               Ruisi Francesco       

mercoledì 19 marzo 2014

Renzi gioca allo scambio dei Marò











278 milioni di euro per comprare la libertà dei Marò

Indiscrezione dai palazzi, pare  che sia in atto uno scambio inconfessabile tra Italia e India.

Il governo di New Delhi ha annunciato ricorso contro la sentenza del tribunale civile milanese sull'affaire dei 12 elicotteri, quindi  se Renzi sta a Washington> i Marò stanno  a 278 milioni di euro.
Ecco L’idea  vincente che potremmo giocarci per riportare a casa Massimiliano e Salvatore.

Un do ut des inconfessabile - economico e giudiziario –, quello che potrebbe presto realizzarsi tra l’Italia e l’India. La ruota gira e finalmente il coltello dalla parte del manico sembra essere tornato nelle nostre mani. Dai giudici milanesi, lo zampino che potrebbe riconsegnarci i nostri marò. L’India presenterà ricorso in appello contro la sentenza del tribunale civile meneghino che ha respinto la richiesta del governo di New Delhi di incassare garanzie bancarie per 278 milioni di euro da Finmeccanica, relativamente alla cancellazione di un ordine per 12 elicotteri targati Agusta Westland. Il Paese asiatico ha stracciato il contratto da 753 milioni lo scorso gennaio, dopo che erano emerse presunte tangenti per 68 milioni che l’azienda avrebbe pagato a politici e funzionari indiani per ottenere la commessa. Una “partita” finita al centro di un’inchiesta per corruzione e che ha visto finire in carcere e sul banco degli imputati l’ex presidente del colosso della difesa Giuseppe Orsi.
Degli “apparecchi” destinati all’elitrasporto dei membri dell’esecutivo indiano ne sono stati consegnati solamente 3. “Solo” una trentina, invece, i milioni incassati dal governo del paese asiatico, che promette sì battaglia, ma potrebbe finalmente cedere e mollare la presa sui fucilieri di Marina. Perché se l’India vedrà respingersi anche il ricorso in appello, non avrà altra opportunità che cercare un accordo con l’Italia. Segreto, naturalmente. Complicato e perché no, illegale. Ma che conviene a tutti. Soldi freschi a loro, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre a noi. Un do ut des inconfessabile, per l’appunto. Ma per nulla impossibile. Il problema è soltanto uno: che la decisione dei giudici milanesi potrebbe non essere celere e arrivare non prima di 2 mesi. Troppo tempo per l’Italia e soprattutto per i nostri militari. In ostaggio in India da oltre 2 anni, avviliti, stanchi, ma sempre speranzosi in un cambiamento di rotta.
La cabala potrebbe sorridere a Renzi e al ministro degli Esteri Mogherini, che se dovessero riuscire a centrare quella che ormai sembra essere diventata un’impresa impossibile – riportare a casa i due marò – salirebbero all’onore delle cronache conquistando meriti e riconoscenze a non finire.
Ipotesi, supposizioni, o forse no. Ne sapremo di più tra un paio di settimane, probabilmente. Il governo italiano tenterà la via del dialogo. Che non significa però cedere a compromessi. Ma questa volta trovare una soluzione conviene a tutti.

domenica 16 marzo 2014

CASALINGA DECLASSATA MATTEO E IL SUO JOBS ACT.





La mossa di Renzi contro le famiglie.

 Pare  che sia scritto nero su bianco sulla scheda di sintesi della legge delega per la riforma del mercato del lavoro, il cosiddetto Jobs act. Si tratta : di cancellare la detrazioni per il coniuge a carico.

L’idea di Matteo è che le donne non devono  essere delle parassite, quindi disincentivare la donna casalinga  e al contrario incentivare  e avviarle al lavoro, perché  restare a casa a badare a figli o anziani genitori, non è produttivo al Paese.

Per la precisione, si trova nell’ ultima pagina della scheda, dove si fa riferimento al capitolo dedicato alla «Delega in materia di conciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze genitoriali». Al punto c) si legge infatti: «Abolire la detrazione per il coniuge a carico e introdurre il tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito familiare».

Le detrazioni per il coniuge a carico  ad oggi sono l’unico sostegno economico per le donne che scelgono di rimanere a casa per curare i figli e gli anziani genitori.

 Una scelta penalizzante, dunque, anche se economicamente modesta - si tratta di 800 euro l’anno per i redditi medio-bassi, riconosciuti al marito o alla moglie che lavora, mentre l’altro coniuge rimane a casa - ma soprattutto,  il segno di una visione puramente ideologica, figlia di una concezione sbagliata della parità, che di fatto nega alle donne una reale libertà di scelta se lavorare fuori casa o dentro, se produrre beni oppure occuparsi a tempo pieno dei figli.

 Questa scelta  ci lascia a dir poco sconcertati  non solo per i suoi significati economici, quanto per le valenze sociali e culturali che porta con sè, infatti pare andare indietro nel tempo  quando la fatica esercitata nel segreto delle mura domestiche veniva considerata come un non-lavoro o una mansione di serie b.
                                                                              Ruisi Francesco 

martedì 4 marzo 2014

ECCO LA TASI


La TASI è la nuova tassa annuale sui servizi  l’acronimo sta per “Tassa sui Servizi Indivisibili”, per esempio la manutenzione stradale o l’illuminazione comunale, che a partire dal 2014 sostituirà, in parte, l’IMU.

Come l’IMU, anche la TASI si calcola sulla base imponibile della rendita catastale: il prodotto fra l’ampiezza della casa e una tariffa calcolata dall’Agenzia del Territorio che varia da comune a comune, il tutto moltiplicato per un fattore proprio alla categoria catastale della propria casa. Di conseguenza non viene considerato il valore di mercato degli immobili al momento del pagamento: contano solo l’estensione della casa, il territorio dove è costruita e la sua “categoria catastale”, in una quota variabile fra il 10% e il 30% dell’intera tassa , sarà il Comune a deciderela.

La TASI è una delle tre parti in cui è divisa la cosiddetta IUC, l’Imposta Unica Comunale: le altre due sono la TARI, la tassa sui rifiuti e l’ IMU su immobili diversi dalla prima casa di proprietà.

Il Consiglio dei ministri Il 28 febbraio 2014 ha dato il via libera alla nuova tassazione sulla casa ed, in particolare, ha rivisto al rialzo le aliquote fissate finora per la TASI, come già concordato da tempo con i Comuni.
Secondo le nuove disposizioni l’aliquota massima della TASI per l’anno 2014 per ciascuna tipologia di immobili può essere aumentata complessivamente fino ad un massimo dello 0,8 per mille complessivo.
Più precisamente le due attuali aliquote base di IMU e TASI, fissate rispettivamente al 10,6 per mille e al 2,5 per mille potranno salire di un ulteriore 0,8 per mille.
Saranno i singoli amministratori locali a decidere se far ricadere tutto il peso dei rincari sull’IMU, facendo salire l’aliquota fino al l’11,4 per mille, oppure sulla TASI, elevando l’aliquota fino a un massimo del 3,3 per mille.
L’incremento può essere deliberato dai Comuni a condizione che il gettito relativo sia destinato a finanziare detrazioni o altre misure relative all’abitazione principale in modo tale che gli effetti sul carico dell’imposta TASI siano equivalenti a quelli dell’Imu prima casa.

Per compensare il mancato gettito ai Comuni dovuto alla differenza tra l’aliquota TASI prima casa che oggi è fissata al 2,5 per mille, rispetto alla aliquota IMU che è del 4 per mille il contributo dello Stato di 500 milioni di euro per il 2014 attribuito ai Comuni dalla legge di stabilità viene incrementato di 125 milioni di euro. Il riparto della cifra è stabilito con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’Interno, secondo una metodologia condivisa con l’Anci, tenendo conto dei gettito standard ed effettivi dell’Imu e della Tasi. È eliminato il vincolo di destinazione del contributo alle detrazioni, inizialmente previsto dalla legge di stabilità.

Il versamento della Tasi avviene mediante modello F24 e/o bollettino di conto corrente postale (per consentire all’Amministrazione finanziaria di disporre dei dati in tempo reale non è possibile utilizzare servizi elettronici di incasso e di pagamento interbancari e postali). Il Comune stabilisce le scadenze di pagamento della Tasi e della Tari (tassa sui rifiuti) prevedendo almeno due rate a scadenza semestrale. È consentito il pagamento in un’unica soluzione entro il 16 giugno di ciascun anno.

Sono esentati dal versamento della Tasi i fabbricati della Chiesa indicati nei Patti Lateranensi (si tratta di circa 25 immobili ubicati a Roma) ed i terreni agricoli. Eventuali altre esenzioni dovrebbero essere determinate dai vari  Comuni, attenendosi ai richiami che la Corte dei Conti, qualora ne giudichi la non fattibilità.
                                                                                       Ruisi Francesco