La minoranza del PD con alcuni cori di Forza Italia e di NCD mandano avanti Grasso per dichiarare guerra a Renzi sulla riforma del senato che per avere il via libera occorre una maggioranza di 213 Senatori.
Il senatore Minzolini ha subito dato il grido di battaglia paragonado Matteo Renzi a Fantozzi nel film dove si è evocato La corazzata Potëmkin secondo il giudizio estetico del ragionier Fantozzi: «La riforma del Senato di Renzi è una c... pazzesca».
Con i tempi stretti per incassare il via libera a Palazzo Madama prima delle Europee, il pallottoliere diventa fondamentale.
Minzolini ora addetto a fare i conti raccoglie i malumori di Palazzo madama, «I numeri per approvare la riforma di Renzi non ci sono. Serve la maggioranza qualificata, i due terzi del Senato e basta guardare com'è finito il voto sul decreto Province, soltanto 160 sì, per capire che la strada per Renzi è tutta in salita».
Per il via libera al nuovo Senato renziano - assemblea non elettiva composta da sindaci e delegati regionali - e permettere così al segretario-premier di presentarsi alle Europee, suo primo test elettorale, con un succulento slogan in più («Abbiamo abolito il Senato, 315 stipendi in meno») servirebbero 213 senatori favorevoli, e anche tolta l'opposizione, i margini restano affilati come rasoi.
Un big dei senatori Forza Italia, ha posto un dubbio politico: «Ha senso dare uno slogan elettorale così a Renzi a pochi giorni dalle elezioni?», il senatore Malan («Non ha senso tenere un Senato non eletto, prima ci si lamentava dei nominati del Porcellum, ma qui sarebbero nominati tutti e non dagli elettori, per cui meglio abolirlo totalmente»), altri come Matteoli pensano che la guerra al Senato sia sbagliata di per sé («Si rischia di fare un doppione della Conferenza Stato-Regioni, in tutte le grandi democrazie ci sono due Camere» spiega l'ex ministro).
Berlusconi non sarebbe convinto e sussurra («Come la vuole Renzi, la riforma del Senato certo non passa»).
Ma i dubbi attraversano tutto l'emiciclo di Palazzo Madama, a partire dal partito del premier. «Io ho presentato un disegno di legge per il superamento del Senato un anno fa, quindi non sono certo contrario - racconta Stefano Esposito, senatore Pd - Ma dico che c'è molto da discutere e la fretta è cattiva consigliera. Soprattutto se Renzi insiste con le battute sui "315 stipendi che si risparmiano". Se c'è un modo per far incazzare quelli che già non sono contenti è proprio trattarli come mangiapane a tradimento.
I senatori possono chiedere il voto segreto. E sulla riforma del Senato, non è pensabile che gli stessi possano emularsi all’altare della Patria come agnelli sacrificali.
Ruisi Francesco