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domenica 1 giugno 2014

Calcolo del credito Irpef: ecco gli importi effettivi del bonus erogati in busta paga






Il calcolo del credito Irpef dipende dal reddito del lavoratore e dal periodo di lavoro nell’anno. Non tutti percepiscono un bonus di 80 euro mensili in busta paga, pari a 640 euro totali. L’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni e numerosi esempi su come il datore di lavoro deve determinare l’importo mensile erogato da maggio a dicembre 2014: sarà di 80,98 euro in alcuni mesi e 78,37 euro in altri, ma per molti sarà di meno. Mai 53,33 euro per 8 mesi. 


Il bonus di 80 euro del Governo Renzi è una delle misure più importanti a livello fiscale nell’anno 2014. Si tratta di credito Irpef che potrebbe portare nelle buste paga degli italiani fino a 640 euro da maggio a dicembre. Ma a chiarire il sistema di calcolo, quello che determina l’effettiva cifra mensile che si troveranno i lavoratori in busta paga, è l’Agenzia delle Entrate in una circolare. Il calcolo del credito dipende non solo dal reddito, che non deve superare i 26.000 euro, ma anche dal  periodo di lavoro nell’anno e il  periodo di paga. Una cosa è sicura: l’importo non sarà 80 euro né 53,33 euro. Ma dipende dai giorni di lavoro effettivi durante il mese di erogazione.

L’Agenzia delle Entrate risponde ad una importante domanda, la principale sul bonus di 80 euro di Renzi: La domanda relativa al “Calcolo del credito da erogare nel periodo di paga” ossia le “le modalità di calcolo del credito da erogare in ciascun periodo di paga che devono seguire i sostituti d’imposta” (sarebbero di datori di lavoro).

La norma stabilisce che il lavoratore ha diritto a 640 euro di credito Irpef, se non supera i 24.000 euro di reddito, ed a una cifra inferiore che va azzerandosi per coloro che hanno un reddito da 24.000 euro a 26.000 euro (es. per 25.000 euro di reddito spetta 320 euro). Il problema principale è capire chi ha diritto a circa 80 euro in busta paga da maggio a dicembre 2014, e chi invece deve percepire di meno. O comunque come deve comportarsi il datore di lavoro. E cosa deve aspettarsi in busta paga il lavoratore.

Nella risposta l’Agenzia delle Entrate richiama uno dei tre presupposti alla base della spettanza del bonus, che il datore di lavoro deve verificare, ossia che il lavoratore sia capiente, ossia l’imposta lorda Irpef deve superare le detrazioni per lavoro dipendente. Ciò avviene per i lavoratori con un reddito di oltre 8.000 euro. Gli altri due presupposti è il possesso di un reddito rientrante tra quelli oggetto di agevolazione, ed ovviamente un reddito non superiore a 26.000 euro.

Dopo aver verificato la capienza, secondo l’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro deve:
calcolare l’importo del credito in relazione al reddito complessivo (comma 1-bis dell’art. 13), tenendo conto che il credito va rapportato al periodo di lavoro nell’anno (comma 3 dell’art. 1 del decreto),
ed infine determinare l’importo da erogare in ciascun periodo di paga (commi 3 e 4 dell’art. 1 del decreto).

Per quanto concerne la verifica della “capienza”, l’Agenzia precisa che i termini di confronto devono essere omogenei e, quindi, occorre calcolare le detrazioni spettanti in base ai soli redditi che danno potenzialmente diritto al credito. Quindi non vanno considerati altri redditi. In sostanza, l’imposta lorda sui redditi di lavoro dipendente e assimilati deve essere di importo superiore alle detrazioni calcolate su un reddito complessivo formato dai medesimi redditi che hanno determinato l’imposta lorda stessa.

Per quanto riguarda il calcolo del calcolo del credito spettante, quindi del bonus Irpef, il comma 1-bis dell’art. 13 del TUIR prevede che se il reddito complessivo:
non è superiore a 24.000 euro, il credito è di importo pari a 640 euro;
è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro, il credito di 640 euro spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro.

L’Agenzia delle Entrate fornisce alcuni esempi, sia per i lavoratori che superano 24.000 euro ma non 26.000 euro, sia per i lavoratori che non superano i 24.000 euro di reddito nel 2014, ma non hanno lavorato tutto l’anno. In quest’ultimo caso infatti, l’importo del credito è rapportato al periodo di lavoro nell’anno. La stessa circolare aggiunge però che hanno diritto al bonus, sempre rapportato ai giorni di percezione della prestazione a sostegno del reddito, anche i lavoratori in CIG, CIGS, CIG in deroga, mobilità o in Aspi.

Vediamo ora i vari esempi di calcolo, premettendo che il reddito da considerarsi è quello imponibile fiscale, essendo il credito introdotto dal Decreto Legge n. 66 del 2014 un comma 1-bis all’art. 13 del TUIR che riguarda la determinazione dell’imposta Irpef da pagare, da parte del contribuente.

Lavoratore con 24.800 euro di reddito in 12 mesi di lavoro nel 2014. Ad esempio, per un lavoratore impiegato per l’intero 2014 il cui reddito complessivo è di 24.800 euro, l’importo del credito spettante è pari a 640 x [(26.000 – 24.800)/2.000] = 640 x 1.200/2000 = 640 x 0,6 = ossia 384 euro.

Lavoratore con un reddito di 25.200 euro. Per un lavoratore impiegato per l’intero 2014 il cui reddito complessivo è di 25.200 euro, l’importo del credito spettante è pari a: 640 x [(26.000 – 25.200)/2.000] = 640 x 800/2000 = 640 x 0,4 = 256  euro di bonus Irpef. L’importo del credito si azzera al raggiungimento di un livello di reddito complessivo pari a 26.000 euro.

Lavoratore con reddito di 22.000 euro percepito in 4 o 7 mesi. Se il periodo di lavoro nell’anno 2014 è inferiore a 365 giorni, l’importo del credito spettante, come precedentemente determinato, deve essere parametrato al numero dei giorni di lavoro dell’anno, calcolati tenendo conto delle regole ordinariamente
applicabili per l’applicazione delle detrazioni previste dall’art. 13 del TUIR.

Ad esempio, un lavoratore il cui reddito complessivo è di euro 22.000 e che:
ha cessato il rapporto di lavoro il 30 aprile 2014 (120 giorni di lavoro nel 2014) avrà diritto soltanto a parte del credito, pari a euro 640/365 x 120 = euro 210,41 di credito Irpef;
ha iniziato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato il 3 giugno 2014 (212 giorni di lavoro del 2014) avrà diritto soltanto a parte del credito, in quanto euro 640/365 x 212 = euro 371,73 di bonus.

La detassazione non si computa. Una importante risposta dell’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 9/E chiarisce che i redditi del lavoratore derivanti da detassazione, ossia le somme per incrementi di produttività per l’anno 2014, sono escluse dal calcolo del reddito. Quindi fino a 3.000 euro.

La cedolare secca si computa e può portare alla perdita del bonus. Una risposta negativa arriva sempre dalla circolare n. 9/E per quei lavoratori che hanno anche un reddito derivante da una casa concessa in affitto. Se per il contratto di locazione il lavoratore ha optato per il regime della cedolare secca, il reddito si somma a quello da lavoro dipendente ai fini del calcolo del limite di reddito di 24.000 e 26.000 euro. A rischio il bonus.

L’Agenzia delle Entrate specifica che il datore di lavoro prima deve verificare la capienza (imposta lorda del lavoratore che supera la detrazione fiscale per lavoro dipendente), poi deve determinare in base ai dati in suo possesso il reddito complessivo,  e poi deve provvedere ad erogare il bonus in busta paga.

In relazione a quest’ultimo aspetto, ossia l’erogazione del credito da parte dei sostituti d’imposta, il comma 4 dell’art. 1 del decreto prevede che i sostituti d’imposta (ossia i datori di lavoro) riconoscono il credito “ripartendolo fra le retribuzioni erogate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, a partire dal primo periodo di paga utile”, mentre il successivo comma 5 prevede che il credito “è attribuito sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga rapportandolo al periodo stesso”. Quindi leggendo la norma, l’erogazione è a partire da maggio 2014 ed il datore deve distribuire l’importo totale calcolato per le 8 buste paga da maggio a dicembre 2014. Sarebbero per molti i 640 euro che distribuiti diventano appunto il bonus di 80 euro tanto pubblicizzato.

Con la circolare n. 8/E del 2014 infatti, considerata la data di entrata in vigore del decreto, è stato specificato che i sostituti d’imposta riconosceranno il credito spettante ai beneficiari a partire dalle retribuzioni erogate nel mese di maggio. Solo nella particolare ipotesi in cui ciò non sia possibile per ragioni esclusivamente tecniche legate alle procedure di pagamento delle retribuzioni, i sostituti riconosceranno il credito a partire dalle retribuzioni erogate nel successivo mese di giugno, ferma restando la ripartizione dell’intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell’anno 2014.

Quindi anche l’Agenzia delle Entrate conferma che l’obiettivo deve essere l’erogare in 8 mensilità, in 8 buste paga, l’importo del bonus calcolato sulla base del reddito complessivo presunto.

Il periodo di lavoro nell’anno va calcolato in giorni di lavoro. La circolare però precisa che vanno considerati i giorni lavorati nell’anno. Infatti una delle principali precisazioni è proprio questa, che il computo del periodo di lavoro va effettuato non su base annuale, non su base mensile, ma su base giornaliera. Una delle risposte della circolare n. 9/E del 14 maggio 2014 cita testualmente: “Si ritiene che nella verifica della spettanza del credito, il disposto del comma 2 dell’art. 1 del decreto, secondo cui il credito è rapportato al periodo di lavoro nell’anno, debba essere inteso facendo riferimento ai giorni che danno diritto alle detrazioni per lavoro”.

Quindi per la ripartizione nei vari mesi del credito spettante, come in precedenza determinato, tra i periodi di paga che vanno da maggio a dicembre (o da giugno a dicembre), o comunque tra i periodi di paga interessati in relazione all’eventuale durata infrannuale del rapporto di lavoro, occorre considerare che il credito deve essere parametrato al numero di giorni lavorati nell’anno. Ne consegue che la ripartizione del credito spettante tra i periodi di paga potrà avvenire tenendo conto del numero di giorni lavorati in ciascun periodo di paga.

Ad esempio, per le erogazioni da maggio a dicembre 2014 (245 giorni), per trovare l’importo da erogare nel mese il credito complessivamente spettante dovrebbe essere diviso per 245 e poi moltiplicato per i giorni di ciascun mese.

Calcolo importo mensile per i lavoratori con meno 24.000 euro che lavorano tutto l’anno 2014. Supponendo un importo del credito spettante complessivamente pari a 640 euro (tutti i lavoratori con meno di 24.000 euro che hanno lavorato l’intero 2014), l’importo del credito erogato in ciascun periodo di paga sarà pari:
a euro 640/245 x 31 = 80,98 per i mesi di maggio, luglio, agosto, ottobre e dicembre,
e pari a euro 640/245 x 30 = 78,37 per i mesi di giugno, settembre e novembre.

Per le erogazioni da giugno a dicembre 2014 (214 giorni), l’importo del credito erogato in ciascun periodo di paga sarà pari a euro 640/214 x 31 = 92,71 per i mesi di luglio, agosto, ottobre e dicembre, e pari a euro 640/214 x 30 = 89,72 a giugno, settembre e novembre.

Il medesimo criterio di calcolo vale anche per i periodi di lavoro infrannuali. Ad esempio, per un rapporto di lavoro che inizia il 15 maggio 2014 e termina il 15 settembre 2014, per un totale di 124 giorni di lavoro, supponendo un reddito complessivo fino a 24.000 euro, il credito spettante parametrato al numero di giorni lavorati è pari a euro 640/365 x 124 = 217,42, da ripartire in base ai giorni di lavoro in ciascun mese: 29,81 euro per i 17 giorni di maggio; 52,60 euro per i 30 giorni di giugno; 54,36 euro per i 31 giorni di luglio e agosto; 26,30 euro per i 15 giorni di settembre.

Questo il sistema suggerito dall’Agenzia delle Entrate che però precisa: “Per semplicità di applicazione, è comunque possibile utilizzare anche altri criteri, purché oggettivi e costanti, ferma restando la ripartizione dell’intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell’anno 2014. Ad esempio, è possibile ripartire l’importo del credito spettante considerando il numero dei periodi di paga in cui il credito stesso è erogato.

Per i rapporti di lavoro che si protraggono per l’intero anno 2014, in cui non appare rilevante ai fini in esame la considerazione dell’esatto numero dei giorni di ciascun mese, l’importo del credito di 640 euro su base annua potrà essere erogato per un importo pari a 80 euro al mese per ciascuno degli 8 mesi che vanno da maggio a dicembre 2014. Ovviamente, se l’erogazione avvenisse per motivi tecnici nei 7 mesi da giugno a dicembre 2014 l’importo sarebbe di 91,43 euro al mese”.

Non è consentito, invece, dividere l’importo del credito di 640 euro su base annua per le 12 mensilità, ed erogare euro 53,33 per ciascuno degli 8 mesi che vanno da maggio a dicembre 2014 (totale euro 426,67), erogando solo a conguaglio la differenza (euro 213,33).

Molti lavoratori, soprattutto i precari, che sono tanti purtroppo, possono essere titolari di due o più contratti in un anno. Un contratto a termine ti scade, finisce e cambi datore di lavoro. Oppure il caso del lavoratore che passa da un contratto a progetto all’altro. Tutti i casi in cui i datori di lavoro sono due, uno dopo l’altro, o addirittura due datori di lavoro contemporaneamente (come chi ha due contratti part-time), rappresentano un possibile problema in riferimento al calcolo del bonus spettante. Il lavoratore, che come contribuente è destinatario del bonus Irpef calcolato sul reddito annuale, è l’unico responsabile dell’erogazione de bonus, anche se il datore di lavoro agisce “in via automatica”. Quindi gli altri redditi avuti nell’anno, precedentemente o contemporaneamente, vanno segnalati al datore di lavoro attraverso una comunicazione. E chi non ha diritto al bonus, perché sommando i redditi supera i 26.000 euro, deve immediatamente comunicare tale condizione al datore di lavoro.
                                                                                    Ruisi Francesco

sabato 31 maggio 2014

Il nuovo art. 416 ter cp: lo scambio elettorale politico-mafioso, fa acqua ed è pericoloso!






La legge del 17 aprile 2014 n. 62 ha modificato il codice penale inserendo il nuovo articolo 416 ter cp relativo al c.d. reato di scambio elettorale politico-mafioso.
Il nuovo articolo è titolato  " Scambio elettorale politico-mafioso " prevede che " Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione  o  della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.  La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti  con  le modalità di cui al primo comma ".

Il nuovo articolo di legge può  trovarsi in conflitto tra diritto civile e diritto penale.

Infatti, l’articolo 416 ter cp anche se inserito nel codice penale, sanziona un particolare accordo " civilistico " con il quale  una parte si impegna a procurare voti ad un altro soggetto in cambio di un corrispettivo. Quindi, " l'accordo "  che viene sanzionato dal legislatore è il contratto con il quale ci si  impegna a procurare voti in cambio di un corrispettivo (che può essere qualsiasi bene o servizio che abbia una utilità), occorre comprendere se la norma si applica ad atti civili che non abbiano la struttura tipica del contratto.

Sicuramente l’intento del legislatore è quello di colpire atti che (anche senza la struttura del contratto) hanno o raggiungono la medesima finalità di scambio.

Questo si deduce dalle parole dissonanti  presenti nel 416 ter cp   " promette " o " promessa " di procurare voti e dalla espressione  " accetta la promessa di procurare voti ".  In altri termini, la parola " promessa " richiama strutture di atti e tipi di atti civili i quali hanno la finalità di trovare voti, ma che non sono strutturati come contratti con due parti contrattuali contrapposte. Infatti, in sede civile, mentre il contratto richiede per il suo perfezionamento il consenso di due parti,  la " promessa " viene descritta come un negozio unilaterale che per perfezionarsi non deve avere il consenso dell’altra parte.

Ecco, quindi, che diventa più chiaro anche l’ultimo comma dell’ art.416 ter cp secondo il quale è punito  " promette di procurare voti ", questo significa che colui che fornisce voti, è punito sia se si impegna a fornire voti con una promessa vera e propria, sia se si impegna con una proposta di contratto, indipendentemente da qualsiasi " controparte " e, soprattutto, indipendentemente da qualsiasi  " accettazione " della controparte.

  Si potrebbe anche aggiungere che in base all'ultimo comma del 416 cp la sanzione arriva indipendentemente dalla ricezione di un corrispettivo.

Usando altre parole si potrebbe dire che per comprendere e spiegare l’art. 416 ter cp occorre partire dall'ultimo comma del medesimo articolo.  Occorre, però, sottolineare che questa interpretazione presuppone che il termine “promessa” sia stato usato in senso non tecnico (per il rilievo civile) dal legislatore e, quindi, che il legislatore con il termine promessa non si riferisce solo ad un particolare atto tipico civile (le promesse), ma a tutti quegli atti (civili) che raggiungono il medesimo risultato senza che sia necessaria la presenza di una controparte e senza che sia necessaria  l’accettazione di una controparte.

Sottolineato questa peculiarità, possiamo passare ad analizzare il primo comma del 416 ter cp ed è possibile valutare la questione dal punto di vista di colui che riceve i voti. Come si è già detto anche in questo caso colui che riceve voti è punito, ma solo se " accetta la promessa " (pervenuta da un terzo) di fornire  voti e paga un corrispettivo. Ora, è evidente che in questa situazione il legislatore richiede l’accettazione della promessa e questa è la prima incongruenza, posto che l’accettazione di una promessa (almeno in sede civile) è un evento  alquanto difficile se con il termine " promessa " si intende il tipico negozio civile che ha natura unilaterale e che non richiede l’accettazione dell’alta parte.

L’incoerenza della frase " accetta la promessa " si nota anche se considera che in ambito civile un corrispettivo non è dovuto da colui che “riceve una promessa”, anzi il corrispettivo è un elemento tipico dei contratti, con due parti, (nei quali è necessaria la presenza di due parti).
In poche parole, la norma per avere una coerenza anche in sede civile avrebbe dovuto dire, è punito chiunque accetta la proposta (da altri formulata) di riceve voti in cambio di un corrispettivo, ma è punito anche colui che ricevuta la promessa di voti, promette a sua volta un corrispettivo per i voti ricevuti. Questo tipo di formulazione (tecnica in senso civile) avrebbe permesso di superare le incompatibilità tra una norma penale che sanziona un accordo civile.

Questo permette di  sottolineare quanto il termine promessa sia usato in modo civilisticamente atecnico anche nel primo comma del 416 ter cp, in quanto se si dovesse interpretare il termine promessa indicato nel primo comma 416 ter cp solo come sinonimo di proposta contrattuale (sarebbero fuori dalla portata penale gli atti civili che raggiungono il medesimo risultato senza necessità di consenso dell’altra parte).

A chiusura di queste brevi osservazioni sulla commissione tra diritto civile e penale, è opportuno sottolineare che la norma colpisce il voto di scambio diretto (tra colui che beneficia dei voti e colui che procura i voti) sia il voto di scambio indiretto, cioè viene sanzionata anche al vicenda in cui i voti sono comprati tramite mediatori o altri soggetti non direttamente " politici "; inoltre, il termine " politico " si riferisce non solo a colui che ricopre un incarico elettivo pubblico (quindi, già eletto), ma anche a colui che vuole essere eletto (e, quindi, è un politico generico).

Quanto, infine, al corrispettivo, questo non deve essere solo denaro, ma qualsiasi altra " utilità ", come ad esempio, l’impegno di ricevere  l’aggiudicazione di appalti pubblici o l’assunzione nella pubblica amministrazione.

In chiusura,  l'art. 416 ter cp  sembra fare acqua da tutte le parti, e normale pensare che i professionisti  della legge, useranno le contraddizioni presenti nel testo del legislatore per azzerare  i suoi effetti, che di fatto così come presentato può essere usato in modo sconsiderato.
                                                                                           Ruisi Francesco



     

sabato 24 maggio 2014

Riforma delle sanzioni penali e depenalizzazione



















                          La Legge del 28.04.2014 n. 67 ridetermina  il sistema delle sanzioni in sede penale, stabilisce i principi di base dell'arresto domiciliare e della reclusione domiciliare, trasforma in illecito amministrativo (depenalizzando) numerose altre fattispecie


con la LEGGE   28 aprile 2014, n. 67 il  Governo detta nuove applicazioni in le  in materia di pene detentive non carcerarie  e  di riforma  del  sistema  sanzionatorio.  Disposizioni  in  materia   di sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei  confronti degli irreperibili.


giorno 17/05/2014 è entrato  in vigore il provvedimento stabilito con la Legge del 28 aprile 2014 n. 67 che   attribuisce la delega al governo per intervenire su alcune materie in modo da alleggerire le problematiche   sul sovraffollamento delle carceri. In poche parole, il governo è chiamato a riscrivere buona parte del sistema delle sanzioni penali.

I principi al quale il governo dovrà attenersi saranno questi:

Tipologia generale delle sanzioni: 

1)  prevedere  che  le  pene  principali  siano  l’ergastolo,  la reclusione, la reclusione domiciliare  e  l’arresto  domiciliare,  la  multa  e  l’ammenda;

Riforma della reclusione domiciliare e dell’arreso domiciliare: Prevedere  che  la   reclusione   e   l’arresto domiciliari si espiano presso l’abitazione  del  condannato  o  altro  luogo pubblico o  privato  di  cura,  assistenza  e  accoglienza,  di con durata continuativa o per singoli  giorni della settimana o per fasce orarie;

2) per i reati per i quali  è prevista  la  pena  dell’arresto  o della reclusione non superiore nel massimo a tre anni, (ex 278 del cpp),  prevedere che la pena sia quella della reclusione  domiciliare  o  dell’arresto  domiciliare;

3) per i delitti per i quali è prevista la pena della reclusione tra i tre e i cinque anni, (ex  278 cpp)  prevedere  che  il  giudice,  tenuto  conto dei criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, possa  applicare la reclusione domiciliare;

4) il  giudice può prescrivere l’utilizzo delle particolari  modalità  di  controllo;

5) l’arresto e la reclusione domiciliare  non  si applichino nei casi previsti dagli articoli 102, 103,  105  e  108  del cp (abitualità, tendenza a delinquere, professionalità nel reato);

6) c’è il carcere qualora non  risulti  disponibile  un  domicilio  idoneo  ad  assicurare la custodia del condannato ovvero quando il  comportamento  del condannato, per la violazione delle prescrizioni dettate o per la  commissione  di  ulteriore  reato,  risulti  incompatibile   con   la  prosecuzione delle stesse, anche sulla base delle esigenze di  tutela  della persona offesa dal reato;

7)   l’allontanamento non autorizzato dal domicilio è considerato evasione ex art.  385 del codice penale;

8)  che per i reati che prevedono la reclusione o l’arresto domiciliare il giudice, sentiti l’imputato  e  il pubblico  ministero,  possa  applicare anche la sanzione del lavoro di pubblica utilità;

a) il lavoro di pubblica utilità non possa  essere  inferiore a dieci giorni e consista nella  prestazione  di  attività non retribuita in favore della collettività da  svolgere  presso  lo  Stato,  le  regioni,  le  province,  i  comuni  o presso   enti   o  organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato: prevedere che  la prestazione debba essere svolta con  modalità  e  tempi  che  non  pregiudichino le esigenze di lavoro, di  studio,  di  famiglia  e di  salute del condannato, inoltre prevedere  che  la  durata  giornaliera  della  prestazione non possa comunque superare le otto ore;

Depenalizzazione: 
 Il Governo è delegato a riformare la  disciplina  sanzionatoria  dei  reati  con l’introduzione di  sanzioni amministrative  e  civili sulla base dei seguenti principi:

1)  trasformare in illeciti amministrativi tutti  i  reati  per  i quali è prevista  la  sola  pena  della  multa o dell’ammenda,  ad eccezione delle seguenti materie:
       a) edilizia e urbanistica;
       b) ambiente, territorio e paesaggio;
       c) alimenti e bevande;
       d) salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
       e) sicurezza pubblica;
       f) giochi d’azzardo e scommesse;
       g) armi ed esplosivi;
       h) elezioni e finanziamento ai partiti;
       i) proprietà intellettuale e industriale;

2)  trasformare  in  illeciti  amministrativi  i  seguenti  reati previsti dal codice penale:
      a) i delitti previsti dagli articoli 527, primo comma,  (atti osceni) e 528,limitatamente           alle ipotesi di cui al  primo e al secondo comma (pubblicazioni oscene);
      b) le contravvenzioni previste dagli articoli  652, (rifiuto di prestare la propria opere             in occasione di tumulto)  659,  (disturbo del riposto) 661, (abuso della credulità             popolare) 668 rappresentazioni teatrali e cinematografiche abusive)  e 726; (atti           contrari alla comune decenza);

3)  trasformare  in  illecito  amministrativo l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ex legge 12 settembre 1983,  n.  463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983,  n.  638, pur che l’omesso versamento non ecceda il limite complessivo  di  10.000 euro annui e preservando comunque  il principio  per  cui  il datore di lavoro non risponde a titolo di illecito amministrativo, se  provvede  al versamento  entro  il  termine  di   tre   mesi   dalla  contestazione  o  dalla  notifica dell’avvenuto accertamento  della  violazione;

4)  trasformare  in  illeciti  amministrativi  le  contravvenzioni punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda,  previste in alcune disposizioni speciali;

Quantificazione della sanzione amministrativa: per i reati trasformati in illeciti amministrativi,  le sanzioni saranno adeguate e proporzionate  alla  gravità della  violazione,  alla reiterazione dell’illecito,  all'opera  svolta  dall'agente  per  l’eliminazione o attenuazione delle  sue  conseguenze,  nonchè  alla  personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche; prevedere  come sanzione principale il pagamento di una somma  compresa  tra  un  minimo di euro 5.000 ed un massimo di euro 50.000;

Autorità competente ad irrogare le sanzioni:
indicare, per i reati trasformati in illeciti  amministrativi,  quale sia l’autorità competente ad irrogare le sanzioni.
                                                                                Ruisi Francesco

attività di studio Paolo Giuliano





sabato 17 maggio 2014

2 miliardi di Euro, è quanto ammonta la multa all'Italia per avere violato i diritti dell'uomo.






Indulto e amnistia 2014, ultime notizie: allarme salute nelle carceri



Sovraffollamento carceri e allarme salute per i detenuti, amnistia e indulto 2014: ecco qual è la situazione


Il ministro della Giustizia Andrea Orlando il 22 maggio prossimo va in  missione a Strasburgo dove incontrerà i vertici della Corte europea dei diritti dell'uomo  del Consiglio d'Europa, va a trattare  i contenuti del testo unificato per indulto e amnistia 2014 che verrà presentato in commissione Giustizia al Senato della Repubblica Italiana. Il ministro sa benissimo che il Consiglio d’Europa ha già pronte le sanzioni per l’Italia giorno  28 Maggio 2014 sarà elevata una mega mula di ben 2 miliardi di Euro, per lo stato di illegalità che l’Italia adotta contro i diritti dell’uomo nei siti carcerari, paragonandola allo stato in cui versava l’Iraq di Saddam Hussein, dove ci fu bisogno di un intervento armato.
Se pur con un po’ di esagerazione nel confronto, di Hussein,  le carceri Italiane  possono essere definite disumane, infatti il sovraffollamento determina un allarme sociale dalle grandi proporzioni, si rischia una pandemia  di malattie contratte in quei luoghi.
Un nuovo allarme per la salute dei detenuti viene lanciato oggi dalla Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (Simpse), mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che l'8 ottobre 2013 inviò un messaggio alle Camere sul sovraffollamento carceri, continua a chiedere senza sosta l'approvazione di leggi di indulto e amnistia 2014 "sia per ragioni etiche che per ragioni economiche" in vista della scadenza dei termini imposti dalla Corte di Strasburgo per il 28 maggio 2014, giorno entro il quale l'Italia dovrebbe ristabilire condizioni umane e dignitose negli istituti penitenziari. Attualmente la salute nelle carceri sarebbe ad alto rischio, a causa del sovraffollamento e della scarsa qualità dell'assistenza sanitaria, per una forbice che va dal 60 all'80% dei detenuti. Secondo le stime degli esperti dalla Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria che in questi giorni celebrano il congresso annuale a Torino, "il 32% dei detenuti è tossicodipendente, il 27% ha un problema psichiatrico, il 12% ha malattie osteoarticolari, il 16% cardiovascolari e circa il 10% problemi metabolici e dermatologici, il 5% di malattie infettive ". "Tra le malattie infettive - secondo i dati della Simpse riportati dall'Ansa - è l'epatite C la più frequente (32,8%), seguita da Tbc (21,8%), Epatite B (5,3%), Hiv (3,8%) e sifilide (2,3%).

Amnistia e indulto 2014, in primis risolverebbe le condizioni dei detenuti, poi salverebbe l’Italia dalla Mega multa di 2 miliardi di euro emessa dall’Unione Europe  in fine  tralcerebbe di colpo  9 milioli di processi pendenti da anni, causando un risparmio economico per le casse  Italiane  di ben 1,5 miliardi di euro.


Intanto, non c'è ancora traccia sul sito istituzionale del Senato della Repubblica del testo unificato in materia di indulto e amnistia 2014, che avrebbero dovuto presentare entro le ore 18 di giovedì 15 maggio i senatori Ciro Falanga (FI) e Nadia Ginetti (PD) nella qualità di relatori dei quattro ddl per amnistia e indulto presentati dai senatori Manconi, Compagna, Buemi e Barani più altri cofirmatari. Probabilmente sarà presentato dopo la missione di Orlando a Strasburgo.

                                                                                             Ruisi Francesco
















martedì 13 maggio 2014

La sospensione del procedimento penale e l’estinzione del reato per “messa alla prova”





















La legge del 28.04.2014 n. 67 introduce l'istituto della messa alla Prova
dell'imputato prima della sentenza, durante la fase della "prova" il procedimento penale è sospeso e se la prova ha esito positivo il rato è estinto. 


Ecco i nuovi articoli 168 bis codice penale e 168 ter codice penale e i corrispondenti articoli 454 bis cpp; 464 ter cpp; 464 quater cpp; 464 quinquies cpp; 464 sexies cpp; 464 septies cpp; 464 octies cpp.

LEGGE   28 aprile 2014, n. 67  

Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie  e  di riforma  del  sistema  sanzionatorio.  Disposizioni  in  materia   di sospensione del procedimento con messa alla  prova  e  nei  confronti degli irreperibili. (14G00070) in G.U.  Serie Generale n.100 del 2-5-2014

note: Entrata in vigore del provvedimento: 17/05/2014

La legge del 28 aprile 2014 al fine di eliminare il carico dei procedimenti e di ridurre il peso dei detenuti nelle carceri ha introdotto il nuovo istituto della sospensione del procedimento per “messa alla prova”.
 In poche parole il procedimento penale di sospende  onde permettere all’imputato il risarcimento del danno il risarcimento del danno dallo stesso cagionato,  l’affidamento dell’imputato al  servizio sociale.

Ambito di applicazione.

 Nei procedimenti per reati puniti con la sola  pena edittale pecuniaria o con la pena edittale  detentiva  non  superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa  alla  pena pecuniaria, nonche’ per i delitti indicati dal comma 2  dell’articolo 550 del codice di  procedura  penale.

La sospensione del procedimento con messa alla prova non si applica nei casi previsti dagli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 cp.

Richiesta:  è l’imputato  puo’  chiedere  la sospensione del processo con messa alla prova. Quindi, non è obbligatorio chiedere o concedere la messa alla prova.

La sospensione del procedimento con messa alla prova  dell’imputato non puo’ essere concessa piu’ di una volta. La richiesta puo’ essere proposta,  oralmente  o  per  iscritto.

Forma della richiesta  La volonta’ dell’imputato e’ espressa personalmente o per  mezzo di procuratore speciale e  la  sottoscrizione  e’  autenticata  nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3 cpp

Contenuto della “messa alla prova”

   La messa alla prova  comporta  la  prestazione  di  condotte  volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonche’, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresi’ l’affidamento dell’imputato al  servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che puo’  implicare,  tra l’altro,  attivita’  di  volontariato  di  rilievo  sociale,   ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai  rapporti  con  il  servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla liberta’  di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.

    La concessione della messa alla prova e’ inoltre  subordinata  alla prestazione di lavoro di pubblica utilita’.  Il  lavoro  di  pubblica utilita’ consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto  anche  delle   specifiche   professionalita’   ed   attitudini lavorative dell’imputato, di durata non  inferiore  a  dieci  giorni, anche non continuativi, in favore della  collettivita’,  da  svolgere presso lo Stato, le  regioni,  le  province,  i  comuni,  le  aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche  internazionali,  che operano  in  Italia,  di   assistenza   sociale,   sanitaria   e   di volontariato.  La  prestazione  e’  svolta  con  modalita’  che   non pregiudichino le esigenze di lavoro, di  studio,  di  famiglia  e  di salute dell’imputato e la sua durata giornaliera non puo’ superare le otto ore.

Documenti da allegare alla richiesta di sospensione.  

All’istanza e’ allegato un programma di  trattamento,  elaborato d’intesa con l’ufficio di esecuzione penale esterna, ovvero, nel caso in cui non  sia  stata  possibile  l’elaborazione,  la  richiesta  di elaborazione del  predetto  programma.

 Il  programma  in  ogni  caso prevede:

a) le modalita’ di coinvolgimento dell’imputato, nonche’ del  suo nucleo  familiare  e  del  suo  ambiente  di  vita  nel  processo  di reinserimento sociale, ove cio’ risulti necessario e possibile;

b) le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni  specifici che l’imputato assume anche al fine di  elidere  o  di  attenuare  le conseguenze del reato, considerando a tal fine  il  risarcimento  del danno,  le  condotte  riparatorie  e  le  restituzioni,  nonche’   le prescrizioni  attinenti  al  lavoro  di  pubblica   utilita’   ovvero all’attivita’ di volontariato di rilievo sociale;

c) le condotte volte a promuovere, ove possibile,  la  mediazione con la persona offesa.

Termini entro cui effettuare la richiesta fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli  articoli 421 e 422 cpp o fino alla dichiarazione di apertura del  dibattimento  di primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio. Se e’ stato notificato  il  decreto  di  giudizio immediato, la richiesta e’ formulata entro il termine e con le  forme stabiliti dall’articolo 458, comma 1 cpp.

 Nel procedimento  per  decreto, la richiesta e’ presentata con l’atto di opposizione.

La richiesta di sospensione del procedimento  con  messa alla prova può essere presentata anche nel corso delle indagini  preliminari.  Nel  corso delle  indagini  preliminari,  il  giudice,  se  e’  presentata   una richiesta di sospensione  del  procedimento  con  messa  alla  prova, trasmette  gli  atti  al  pubblico  ministero  affinche’  esprima  il consenso o il dissenso. Il consenso  del  pubblico  ministero  deve  risultare  da  atto scritto  e  sinteticamente  motivato,  unitamente  alla  formulazione dell’imputazione.  Il pubblico ministero, in caso di dissenso, deve  enunciarne  le ragioni. In caso di rigetto, l’imputato puo’ rinnovare  la  richiesta prima dell’apertura del dibattimento di primo grado e il giudice,  se ritiene  la  richiesta  fondata,  provvede.

Effetti della messa alla prova.

 Durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il corso della prescrizione del  reato  e’  sospeso.
L’esito positivo della prova estingue il reato per cui si  procede.
L’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione  delle  sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge.

Revoca della messa alla prova.

    La sospensione del procedimento con  messa  alla prova e’ revocata:            

  1.  in caso di grave o reiterata  trasgressione  al  programma  di trattamento o alle  prescrizioni imposte,  ovvero  di  rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilita’;
  2.  in caso di commissione, durante il periodo  di  prova,  di  un nuovo delitto non colposo ovvero di un  reato  della  stessa  indole.

Esito della messa alla prova.

  Decorso  il  periodo di sospensione del procedimento  con  messa  alla  prova,  il  giudice dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto  conto  del  comportamento  dell’imputato  e  del  rispetto   delle   prescrizioni  stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito  positivo.  A  tale  fine acquisisce la relazione conclusiva  dell’ufficio  di  esecuzione  penale esterna che ha preso in carico l’imputato  e  fissa  l’udienza  per la valutazione dandone avviso alle parti e alla persona offesa.
In caso di esito negativo della prova, il  giudice  dispone  con  ordinanza che il processo riprenda il suo corso.


venerdì 2 maggio 2014

Grillo e i comizi ad applausi blindati.






Guai a chi contesta Beppe Grillo

Non accenna a placarsi l’ondata di polemiche per il «cartello sgradito» durante il comizio di Beppe Grillo a Piombino, che sabato ha parlato davanti all’acciaieria Lucchini, al centro delle cronache degli ultimi giorni per la recente chiusura del suo altoforno. I fatti sono noti: poco prima che il fondatore del MoVimento 5 Stelle salisse sul palco per prendere la parola, qualcuno tra il pubblico solleva un cartello: 
«Troppo comodo fassì vede’ a’ funerali. Non venite a fare campagna elettorale sulla nostra pelle».

Elena Masetti, un’insegnante, che poco dopo racconterà di come il suddetto cartello le sia stato strappato di mano e buttato lontano:

«Un cartellone innocuo – dice l’insegnante – voleva ricordare che la storia della vita, della morte e speriamo rinascita delle acciaierie è una storia nostra, di lotte fatte dai nostri operai, dai nostri sindacati, dal nostro sindaco. Un cartello strappato con rabbia dall’ignoranza».

 A recuperare il cartello,  sono stati  Gianluca Rombai e Luca Cini, rispettivamente operaio e impiegato alla Lucchini, che l’hanno tenuto sollevato per un po’ prima che un uomo del servizio di sicurezza del MoVimento 5 Stelle non lo facesse sparire definitivamente («piegato e portato via con la scorta della polizia») tra fischi e qualche applauso, mentre l’uomo è seguito da una scia di giornalisti.

Bisogna dire a Beppe che scopiazzare il Duce alle censure di pensiero e alle condotte nazi-fascisti del rigore alla logica di chi non è con me e mio nemico, e stato concretamente smentito dalle esperienze  vissute. 

ebbene ricordargli che Benito da grande uomo morì umiliato dai  barbari che giorni prima  lo hanno baciato e applaudito.

È bene però distinguere Grillo dai rappresentanti grillini,dai seguaci  e a sua volta da chi li ha votati.

Attento Beppe, saranno proprio i tuoi seguaci che ti appenderanno a testa in giù, quando avranno trovato, altre opportunità,quindi tu Casaleggio e i tuoi business,datevi una via di fuga,finchè i seguaci saranno ciechi di quell’odio sociale che  cavalchi con destrezza.
                  
                                                           Ruisi Francesco 



mercoledì 23 aprile 2014

Angelino super poliziotto ma non troppo


Matteo cerca  la  scusa per litigare  con  Alfano in modo da coprire le difficoltà per mantenere le tante promesse fatte, infatti perde tempo sperando di arrivare ad ottenere  un ottimo risultato  alle Europee, così da essere legittimato ha chiedere al colle  di mantenere  la promessa fatta al cavaliere, che pretende di andare al voto anticipato, in modo che  Forza Italia  può andare da sola e Angelino viene fatto fuori dai giochi. Intanto Angelino Alfano festeggia la figura di cacca che ha fatto  Sandro Bondi. Festa  che quasi subito fa diventare cupo Angelino  che pensa che il suo nuovo Ncd resta lontano dalla soglia dell’otto per cento.
Allora Angelino fa la voce grossa ma molla su tutto, dal decreto lavoro alle riforme, pur di non andare a votare: oggi ha persino smentito Sacconi Maurizio sulla possibilità che in Senato proprio il decreto lavoro rischi di essere bocciato.
Infatti ipotizzando l' elezioni anticipate,  così come impostaste da Silvio, lo sbarramento per Angelino salirebbe d'un tratto dal 4,5 al 8 per cento che neppure l'alleanza con quel che resta di Casini e Cesa, oramai ai minimi termini elettorali, potrebbe consentire di raggiungere. Insomma da qui a metà maggio si capirà se legislatura va avanti davvero o se il governo è già al capolinea perché così sta decidendo chi lo guida. Ecco perché Alfano abbaia ma non morderà su nulla.
                                                                                           Ruisi Francesco